non torna più».
Ma qual è, concretamente, il più gran-
de vantaggio che può procurare il
simulatore ?
«Il più grande vantaggio del simulatore è la
riproduzione di condizioni cliniche e oggetti-
ve chepermettonodi verificare, al di làdi ogni
dubbio, se una modifica sia positiva, indiffe-
rente o negativa per la prestazione. Pensa ad
esempio alle incertezze derivate da voler pro-
vare in pista due treni di pneumatici pratica-
mente identici con una vita utile di cinque o
dieci giri. Un altro vantaggio è il fattore tem-
po: un pilota al simulatore può "disabilitare"
l'effetto di usura dei pneumatici, guidare con
un carico di carburante costante, modificare
la taratura del differenziale o cambiare il cen-
tro di rollio tra un giro e l’altro. In questo
modo egli rimane concentrato sulla guida e il
suo commento è immediato e preciso.
Allo stessomodo, l'ingegnere insala controllo
può in tempo reale cambiare la convergenza
o la pressione dei pneumatici, lamappa aero-
dinamica o la curva di coppia del motore per
verificare se e quanto il pilota capisca la cor-
relazione tra la causa e l'effetto della regola-
zione e più in generale per esplorare combi-
nazioni di assetto non previste in fase di pro-
getto o non disponibili nella realtà.
Da questi pochi esempi è evidente il potere
del simulatore di accelerare la formazione
professionale del pilota, stimolare la curiosità
di un ingegnere di pista o esaltare un respon-
sabiledi ricerca e sviluppo inambitoautomo-
bilistico».
Il simulatore rappresenta dunque, mi
pare di capire, il futuro delle corse?
«Puòdarsi che, nel breve futuro, lo spettacolo
delle corse si sposti al simulatore e che il pub-
blico pretenda di assistere, attraverso teleca-
mere a circuito chiuso, alle sessioni al simu-
latore del proprio campione preferito fino al
punto di voler interagire via radio: immagina
le opportunità di uno sponsor di telefonia,
abbigliamento o assicurazioni che può intrat-
tenerepotenzialiclientiepromuovereipropri
prodotti in un contesto ben organizzato, direi
ovattato. Ahi, Ahi! Tutto può diventare riser-
va di caccia per il marketing. Abbiamo dav-
vero dimenticato che le gare di LeMans, Spa,
Rouen, Nurburgring si correvano quasi in
aperta campagna congli spettatori seduti sul-
le sdraio o sulle seggiole di casa…».
Se il simulatore è la fabbrica dei cam-
pioni di domani, allora campioni non
si nasce più, ma si diventa? Esiste una
ricettaper riconoscere i futuri campio-
ni o per formare i campioni ?
«Ci sono tre ingredienti di fondo: talento,
determinazione e attitudine.
Il talentoèunadotenaturale: i campioni sono
moltobravi ad esprimere se stessi, cioè né più
né meno quello che sono. I campioni quando
si allenano sono coscienti e consapevoli, ana-
litici e sintetici; il simulatore è fondamentale
nell'evidenziare se c’è o non c’è talento. Non
ci sono alibi. La determinazione è un’altra
dote naturale: tutti siamo determinati, ma i
campioni sono determinati in modo intelli-
gente; sono astuti e vedono lontano. I cam-
pioni non sono sbruffoni o stupidamente
aggressivi: pensa alla dolcezza del sorriso tri-
ste di AyrtonSenna. I campioni hanno la pro-
fonda consapevolezza di quello che stanno
facendo e del perché lo stanno facendo, han-
no la forza e l’umiltà interiore di migliorarsi.
L’attitudine/1: l’atteggiamento mentale. Se
sei troppo ottimista, vedi il mondo come una
favola e fraintendi la realtà come se questa
coincidesse ciò che desideri; se sei ottimista
“il giusto”, ti senti forte come un toro, entu-
siasta e pieno di energie.
Se sei troppo pessimista, ti pesa anche alzarti
dal letto; se sei pessimista “il giusto”, riesci a
pre-vedere il rischio davanti a te.
La soluzione è la giusta misura, l'equilibrio
(equi-librium indica che i piatti della bilancia
- “libra” - sono alla stessa altezza: se tocchi
uno dei due piatti, questi oscillano, non sono
rigidi ma si adattano alle nuove circostanze ).
E’ il concetto apollineo della virtù, declinata
inprudenza,saggezza,fortezzaetemperanza;
è la serenità di sentirsi nel tempo giusto e al
posto giusto nel mondo e conoscere i limiti di
sé.
L’attitudine/2: un campione non è mai bat-
tuto; può perdere, ma non è mai battuto o
abbattuto. Il campione non può vincere sem-
pre e tutto. Perdere è la realtà della cose; se
perdi impari, archivi la lezione imparata e,
fatto “esperto”, prosegui piùmaturodi prima.
Impariamo dai campioni. Nessuno deve mai
abbattersi: unuomo abbattutonon crede più,
perché si è umiliato di fronte alla propria
coscienza prima che agli altri che lo hanno
superato oin gara.
L’attitudine/3: un campione è sempre con-
centrato permigliorare. Fangio diceva che un
campione deve sempre e contemporanea-
mente credere di essere sia il migliore sia il
peggiore: credere di essere il migliore dà la
forza di compiere grandi imprese; credere di
essere il peggiore impone un atteggiamento
volto al continuo miglioramento.
L'attitudine/4: un campione vive il presente.
Mentreguida, dimenticacheesisteunmondo
intorno a sé; cancella le proprie aspettative e
le suggestioni degli altri, l'ansia, i timori, le
pressionideglialtri,leattese-tuttoscompare.
In quel momento di splendore, caro campio-
ne, ti meravigli di te e il mondo si meraviglia
di te».
Vedi metafore che il mestiere di pilota
può suggerire alla nostra vita di tutti i
giorni? Cosa può insegnare una scuola
di pilotaggio all'impiegato di banca?
«Proviamoci. Io posso suggerire quattro
metafore.
1) Guarda dove vuoi andare, non guardare
dove stai andando. La maggior parte delle
volte il pilota sbaglia il punto di corda perché
non l’ha inquadrato con il sufficiente antici-
po o con l’adeguata attenzione. Per noi
uomini "normali", il punto di corda è il
momento, irripetibile, di dover prendere
una decisione, è un riferimento etico impor-
tante, è una persona cara che improvvisa-
mente ci manca.
2) Non perdere mai il punto di corda, l'apice
della curva: il punto di corda è tutto. Puoi
imbrogliare sui compiti di scuola, sulle tasse,
ma non imbrogliare mai sul punto di corda.
In altri termini: non lasciarti distrarre oltre-
misura dal panorama intorno a te e bada
all'essenziale, negli affetti e nell’impiego del
tuo tempo, così come nella conduzione del
tuo lavoro e nella scelta dei tuoi collabora-
tori.
3) I grandi piloti sono minimalisti: quando
frenano, sterzano o accelerano, i loro movi-
menti sono minimi e fluenti perché nel
ridurre le correzioni del freno, dello sterzo e
dell'acceleratore il pilota ottiene sempre il
miglior tempo sul giro. Tradotto per noi:
non sprechiamo energie, nei pensieri e nelle
opere, in azioni inutili ed eccessive, ladre del
nostro tempo e della nostra serenità. Potia-
mo i tralci della nostra vite affinché la vite
cresca sana, robusta e bella e produca frutto!
L'arte della potatura richiede cuore, espe-
rienza e mestiere, in una parola: saggezza.
4) Allenati tanto e lasciati aiutare da chi ne
sa di più: se cerchi di gareggiare senza aver
frequentato una scuola di pilotaggio di fatto
pretendi di diventare un atleta professioni-
sta senza accettare un istruttore al fianco:
non vincerai mai. Per noi come si traduce?
Se è evidente che un istruttore è necessario
per compiere azioni degne, a maggior ragio-
ne un maestro è necessario per pensare in
modo degno. Il maestro del nostro spirito è
fondamentale, fare da autodidatti inmateria
di spirito è da ingenui. E il maestro appare
quando lo studente è pronto».
Torniamo al simulatore: esiste il peri-
colo di “spersonalizzare” le corse, di
renderle troppo dipendenti dalla tec-
nologia?
«La “Persona” è propriamente la “maschera
teatrale”. Spersonalizzare? Speropropriodi sì!
Cioè togliamo la maschera della tecnologia,
semplifichiamo la tecnologia, chedeve tornare
ad essere nostra serva e non nostra padrona».
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SPECIALE
IL CUORE NELLE CORSE - 12. PUNTATA