Massimo Costa - Dutch PhotoLui si chiama Gianpaolo Matteucci e da più di trent'anni lo si può incontrare in ogni angolo dei paddock del motorsport, dalla Formula 1 alla Formula 4. Attento osservatore, arguto, ironico, scattante, profondo conoscitore delle categorie e dell'ambiente che lo circonda, Gianpaolo è capace di offrire sempre una corretta angolazione dei problemi, delle situazioni che si creano. Il suo ruolo? Manager. Parola che può avere molti significati, nel suo quello di gestire ogni aspetto della carriera dei piloti. Scopriamo allora come è cambiato il motorsport, come si è modificato il rapporto con i piloti, in questi ultimi 30 anni.
Gianpaolo, siamo a metà della stagione 2023. Da quanti anni sei nel motorsport occupandoti della carriera dei piloti?
"Ho iniziato a occuparmi del motorsport molti anni fa, talmente tanti che ho dovuto cercare su Wikipedia per non sbagliare con le date. Nel 1989, infatti, 34 anni or sono, sono stato ingaggiato da un team che partecipava al Campionato italiano di Formula 3, precisamente Cevenini, con la mansione di cronometrista alla quale si è aggiunto un ruolo simile a quello che oggi si definisce direttore sportivo per un team romano che partecipava al campionato Italiano Turismo, Santucci Motorsport. L’anno successivo fondai una scuderia che partecipava al Campionato di Formula Alfa Boxer, con Maurizio Gostantini, la MG Engineering, ma durò poco e allora iniziò la vera e propria carriera di manager di piloti".
Chi fu il tuo primo assistito?
Rino Mastronardi è stato il primo pilota con il quale iniziai a fare del management in senso stretto, nel 1990. Un giovane toscano, di Monsummano Terme, con una carica agonistica ed un talento tali da avergli garantito una bellissima e lunghissima carriera professionistica di grande soddisfazione. Nella seconda parte della sua carriera, infatti, è stato per anni uno dei piloti GT Bronze più forti del mondo".
… poi è arrivato Fisichella e tutto è cambiato? Si può dire così?
"In parte si, perché prima di iniziare con Giancarlo ebbi una grandissima soddisfazione vincendo, con Patrick Crinelli, il Campionato Europeo Formula Opel Lotus, con la Draco Racing di Nadia ed Adriano Morini, nel 1993. Poco dopo mi chiamò Roberto Fisichella, papà di Giancarlo e iniziammo a collaborare. Fisichella era, oggi posso dirlo con totale cognizione di causa, un pilota dal talento così puro e cristallino tale da compensare la totale assenza di budget e di supporti economici, anche all’epoca necessari per arrivare in Formula 1. Semplicemente era più veloce, molto più veloce, dei suoi concorrenti. Aveva delle capacità innate che lo rendevano inavvicinabile da quasi tutti tranne che da un ristrettissimo gruppo di campioni del volante. Oggi, quelle abilità si insegnano, si allenano, si sviluppano e si affinano con degli strumenti che a quell’epoca non si immaginava neanche potessero esistere".
Ecco, nel corso della tua lunga carriera, come si è trasformato il motorsport?
"Si è trasformato talmente tanto da essere diventata una disciplina completamente diversa. Posso dire che tutti gli sport, come in realtà tanti aspetti della nostra nostra vita, hanno avuto sviluppi sorprendenti negli ultimi 30 anni, ma quelle discipline che prevedono una componente tecnica così importante, come il motorsport, lo hanno fatto molto di più.
Quando, ad esempio, comparve la telemetria in Formula 1, alla fine degli anni 80, alcuni piloti dell’epoca la consideravano uno strumento inutile. Da qualche anno ormai, anche nelle categorie di base del karting, questo strumento è diventato necessario e come conseguenza sono diventate necessarie una serie di figure professionali per far funzionare quelle tecnologie".
"Ecco, questo è solo uno tra tanti esempi possibili, di quanto in 30 anni l’elettronica abbia modificato lo sport automobilistico. Nel karting, i bambini lavorano oggi con strumenti che alla fine degli anni 80 non erano ancora disponibili in Formula 1. La preparazione dei piloti, poi, è diventata una scienza. Parlavamo prima di Mastronardi, pilota velocissimo con il quale facevamo degli allenamenti specifici che venivano quasi derisi dai suoi avversari. Oggi i miei assistiti vivono una vita quasi monastica, con regole rigidissime in tema di alimentazione, preparazione fisica e mentale, ore e ore spese sul simulatore alle quali si aggiungono riunioni praticamente infinite con il proprio team manager e gli ingegneri".
E in particolare è cambiato il rapporto con i piloti, che oggi arrivano in monoposto a 15 anni rispetto ai 17-18 di un tempo. Occorre quindi adottare una mentalità completamente diversa, in quanto vi è anche un maggior coinvolgimento della famiglia? Ricordo che nei miei primi anni da giornalista seguivo la F3 nel 1991-1992 e raramente vedevo i genitori dei piloti, magari solo il giorno della gara. Oggi sono presenti costantemente fin dal giovedì.
"E’ vero, ma non bisogna ignorare che oggi i giovanissimi iniziano in monoposto ben prima di essere maggiorenni e per questa ragione la figura genitoriale è richiesta per legge. Ma parlando di influenza familiare, poiché questa era la domanda, il manager deve oggi stabilire un rapporto di stima e fiducia con la famiglia, guidarne gli atteggiamenti in pista, ma soprattutto a casa quando i ragazzi sono nella loro zona di comfort. E’ mia convinzione che per diventare un pilota forte, si debba prima essere un giovanissimo o giovane uomo con dei requisiti molto difficili da trovare nelle nuove generazioni. L’etica del lavoro, l’umiltà, la correttezza, il rispetto degli avversari, sono tutte doti non scontate che si devono sviluppare e incoraggiare per costruire un pilota che abbia le caratteristiche del professionista".
Il motorsport costa sempre di più. Come può un giovane pilota, dotato di talento, ma non del giusto budget, farsi largo?
"Questa è una domanda che mi viene rivolta spesso, a volte anche in forma diretta da giovanissimi che mi scrivono per chiedere aiuto. Sono sempre estremamente franco, anche perché ho vissuto sulla pelle la sofferenza di non poter fare quello che sognavo. E’ importante impegnarsi con programmi che siano alla portata delle risorse disponibili e non effettuare voli pindarici, con il risultato di vanificare quelle risorse, piccole o grandi che siano. Si può fare una carriera dalle immense soddisfazioni in categorie come il Gran Turismo o i Prototipi o anche con le vetture Turismo, se si segue un programma rigoroso e sostenibile. E’ ovvio, direi scontato, che tutti i piloti giovani sognino la Formula 1, così come tutti i giocatori della categorie giovanili del calcio sognino di giocare in Champions League. Ma nel calcio bastano alcune paia di scarpini oltre al talento e alla voglia di sacrificarsi, nel motorsport servono milioni e questa caratteristica fa tutta la differenza del mondo".
Cosa vuol dire la parola manager?
"E’ un termine che contiene nella sua stessa radice etimologica il proprio significato. Viene dall’italiano “maneggiare”, e vuol dire gestire, dirigere, guidare. Nella sua accezione completa, l’attività di management deve prevedere l’organizzazione e la cura di una serie di attività, iniziando dall’individuazione della categoria alla quale partecipare e della scuderia con la quale farlo, all’individuazione ed al coordinamento dei migliori consulenti nel loro settore specifico, quali l’allenamento fisico e mentale, il nutrizionismo, la cura degli aspetti legali e commerciali, la gestione e l’individuazione delle sponsorizzazioni, la creazione e la cura dei rapporti con i media e adesso con i social media. Quando il pilota inizia a guadagnare, il manager deve essere in grado di dare supporto nell’organizzazione della vita professionale e a volte, personale, se viene richiesto".
In ambito F1, dopo Fisichella ci fu l’argentino Mazzacane e poi Toccacelo alla Minardi, successivamente hai sfiorato il Mondiale con Sirotkin, poi con Nissany e hai portato alla Williams Ghiotto di cui ricordo una splendida giornata di test a Budapest. Hai qualche rimpianto, un pilota in particolare col quale avresti potuto fare molto e invece è mancato qualcosa?
"E’ una domanda alla quale è difficile rispondere. Tornando all’esempio degli scarpini necessari per il calciatore, avrei voluto che i miei piloti avessero potuto contare su appoggi diversi e più strutturati. Siamo spesso arrivati in cima alla montagna, come è successo ad esempio nel 2017 con Luca Ghiotto del quale ricordavi lo splendido test svolto con Wìilliams, ma è spesso arrivato qualcuno che ne aveva di più di noi, e che ci è passato avanti. In fondo questo è l’unico rimpianto che sento di avere".
Ultimamente sappiamo che sei coinvolto anche in altri aspetti del motorsport essendo in qualche maniera vicino ad alcuni team e in particolare sei stato nominato nel board del nuovo circuito ungherese del Balaton Park. Come vivi queste esperienze?
"Ho sempre svolto attività di consulenza per alcune scuderie o a volte per alcuni costruttori, in diverse circostanze e senza pubblicizzare la relazione per ragioni di reciproca confidenzialità. L’avventura del Balaton Park Circuit, invece, è stata una novità assoluta professionalmente parlando. Estremamente gratificante, posto il risultato e le soddisfazioni che stanno arrivando una dopo l’altra è stimolante in quanto sono state affrontate tutte le fasi, dall’idea iniziale all'inaugurazione di poche settimane or sono".
Oggi gestisci Nissany in F2, Ghiotto in Formula E, Fornaroli in F3, Lacorte in F4, Braschi nella Eurocup-3, sei presente con Delli Guanti nel GT e con Festante nel campionato italiano Porsche. Sempre attento alla crescita dei giovani piloti. Cosa ci dici di questi ragazzi?
"Con ognuno di loro abbiamo stabilito un progetto dedicato, coinvolgente ed estremamente gratificante, basato su di un rapporto importante a livello professionale, ma soprattutto umano. Di questi ragazzi posso dire solo un gran bene, riprendendo quello che raccontavo in apertura. Possiedono tutti, in forme e con caratteristiche diverse, quelle doti umane, quali la serietà, la disciplina, la voglia di arrivare e la disponibilità a sacrificarsi, che sono necessarie per diventare professionisti del volante".
"Voglio aggiungere con molto orgoglio che, giunti ormai a metà della stagione 2023, quasi tutti i piloti che hai elencato, hanno ottenuto podi, vittorie, pole positions, e comunque importanti riconoscimenti professional, insomma un bottino di tutto rispetto, essendo alcuni di loro giovanissimi, qualcuno rookies nel proprio campionato, tutti sistemati con le migliori scuderie partecipanti alle singole serie. E per tutti, c'è già un programma per il 2024 in avanzatissima fase di finalizzazione. Luca Ghiotto poi ha svolto con molta soddisfazione da parte del Team Nissan di Formula E, un ruolo estremamente strategico quale pilota di sviluppo al simulatore, tanto da aver ricevuto la proposta proprio in questi giorni, di rinnovare il contratto con un ruolo ancora più importante all’interno della squadra giapponese per la prossima stagione".
Insomma, la tua è una vita con la valigia sempre pronta per scovare nuovi talenti.
"Assolutamente sì, sino a quando mia moglie me lo consentirà…"