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1 Feb [13:49]

Il caso Andretti
La F1 di Liberty come la NBA
Sistema difettoso o vincente?

Massimo Costa - XPB Images

Michael Andretti si è detto devastato dal trattamento ricevuto da Liberty Media, che ha rifiutato la sua richiesta di entrare con un proprio team nel Mondiiale F1 come undicesima squadra. E come non capirlo. Nel precedente articolo abbiamo riportato tutti i punti con cui Liberty ha spiegato le motivazioni per cui il team Andretti non dispone dei requisiti per far parte della elite del motorsport. Vi sono passaggi comprensibili dal punto di vista di chi gestisce la F1, altri decisamente incomprensibili.

La cosa che oramai deve essere chiara, e i 20 punti con cui Liberty sancisce il rifiuto ad ospitare il team Andretti lo dimostrano, è che la via intrapresa dal gruppo americano che ha in Stefano Domenicali il suo punto di riferimento, è quella che caratterizza lo sport targato USA: la franchigia. Anche se nessuno in F1 ha mai utilizzato questo termine, in realtà è il modello "nascosto" che Liberty insegue.

Negli Stati Uniti, la NBA (basket), la NFL (football), la MLB (baseball), la NHL (hockey su ghiaccio), la MLS (calcio), presentano campionati a numero chiuso, le squadre che ne fanno parte sono quelle da sempre, non esistono le retrocessioni o le promozioni da leghe inferiori. E' un modello di grande successo, chi ne fa parte ne trae enormi vantaggi economici, il gioco funziona alla perfezione, i campionati sono i migliori al mondo, e tutti ne sono contenti. Per le città escluse, entrare a far parte di quel "negozio" miliardario è praticamente impossibile, chi ci vuol provare deve avere a disposizioni montagne di dollari per rilevare una qualche franchigia caduta in disgrazia.

Nel resto del globo terracqueo questo modello non è applicabile, a noi europei, ma anche nel Sud America, in Asia, in Africa, in Oceania, non esistono circoli esclusivi nel mondo dello sport, la meritocrazia è alla base di tutto. L'esempio più eclatante lo abbiamo vissuto dalle nostre parti recentemente, quando alcuni presidenti delle più forti e ricche squadre di calcio europee, hanno voluto creare una Super Lega esclusiva, ma la sua realizzazione è stata ampiamente contestata dai tifosi di ogni latitudine e tale progetto pare destinato a fallire prima ancora di iniziare.

Tornando alla F1, Liberty vuole prima di tutto difendere il proprio modello economico e quello dei dieci team esistenti. Non è un caso che la parola più utilizzata nei 20 punti espressi, sia "valore", e qui ci rifacciamo alla "comunità" chiusa stile NBA e compagnia. Non sono mancati passaggi arroganti, come quando si sostiene che a trarre vantaggio dalla presenza del team Andretti in F1 non sarebbe stata la F1 stessa, ma soltanto la squadra americana. Proprio perché a LIberty non interessa nulla dell'eccellente bagaglio storico coltivato negli anni da Andretti nelle varie specialità del motorsport affrontate, a Liberty interessa aprire le proprie porte a una nuova entità soltanto se porta un valore aggiunto al sistema.

E questo poteva essere rappresentato dalla presenza certa del colosso General Motors, che aveva affiancato il progetto Andretti fin dall'inizio, anche se, però, di concreto non vi è nulla al momento. C'è la possiblità che GM realizzi una propria power unit che potrebbe essere pronta nel 2028. Chissà, forse. E su questo punto Liberty ha affondato il proprio coltello. Avere una squadra pur dal nome glorioso, che utilizzi una power unit Renault da qui al 2027, non piace, non interessa, non porta valore. O alle spalle hai un grande costruttore oppure non farai parte del nostro circolo, è il succo del discorso.

Si dirà che il team Haas non offre certo qualcosa di particolarmente accattivante al mondo Liberty Media. E con esso l'attuale Sauber (che però ha il grande merito di portare in F1 l'Audi) o la Racing Bulls, tra l'altro seconda squadra di un'altra entità. Quale valore portano queste squadre? Nessuno. La loro fortuna, se così possiamo dire, è che facevano già parte della F1 prima dell'avvento di Liberty, con la sua politica completamente diversa da quella che ha sempre accompagnato il Mondiale precedentemente gestito da Bernie Ecclestone.

Un'altra cosa va sottolineata: Liberty è americana come Andretti, i GP in calendario negli USA sono ben tre, tutto avrebbe fatto pensare che il buon Michael l'avrebbe sfangata facilmente giocando in casa praticamente, ma gli affari sono affari e non si guarda in faccia a nessuno, non si fanno favoritismi dalle parti di Liberty.

Questa è dunque la nuova F1 attuale. Scordiamoci i tempi (belli) in cui anche una piccola realtà come Minardi o Jordan o Ligier, tanto per fare alcuni nomi, potevano sognare e giocarsela nel top del motorsport. In F1 non c'è più spazio per squadre piccole come quelle viste recentemente, ovvero Manor, Caterham, HRT. Il segnale pesante, forte, lanciato da Liberty è chiaro per tutti e se non ce l'ha fatta Andretti, non vediamo chi possa tentare di entrare in F1 nei prossimi anni se non sarà sostenuto da un grande costruttore automobilistico.

Può piacere e non piacere, si può parlare di sistema difettoso o vincente, di avidità perché si curano soltanto gli interessi propri e delle dieci squadre iscritte. Ma rimane il fatto che venti monoposto sono poche. Nessuno lo dice, ma con un numero così esiguo di sedili, si terremota tutto il sistema del motorsport per quanto concerne il movimento dei piloti che inseguono il sogno di entrare in F1 a monte di investimenti faraonici. La piramide è sempre più stretta e questo non giova a nessuno.

RS Racing