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11 Dic [14:43]

Mazda Road To Indy
Andersen: "Con Tatuus il top"

Stefano Semeraro

Il promotore e proprietario della filiera americana che prepara i giovani piloti – e non solo – a correre nella IndyCar ha grande stima e fiducia nella Tatuus. Andersen ci spiega la filosofia delle sue categorie e perché quando ha dovuto resuscitare la USF2000 ha pensato subito ai suoi vecchi amici italiani

Mister Andersen, qual è la filosofia della Mazda Road to Indy?
«La Mazda Road to Indy esiste per offrire un allenamento completo
ed efficace ai piloti di monoposto che intendono costruirsi una carriera. Serve inoltre per fornire una preparazione ai team, agli ingegneri, ai meccanici e alle altre figure professionali del nostro ambiente. I risultati sono molto positivi. I piloti e in generale gli addetti che si sono formati con noi ora occupano con successo molte delle posizioni di spicco nel mondo delle corse. La nostra è una formazione che non si ferma in pista. Ai piloti insegniamo come comunicare con i media, come prepararsi fisicamente, come interpretare i dati come gestire in generale tutti gli aspetti che deve affrontare un professionista. Li addestriamo sui circuiti stradali, cittadini e ovali in modo da prepararli in maniera completa alla IndyCar».

Quali sono le caratteristiche della Cooper Tires USF2000 Championship powered by Mazda e della Pro Mazda Championship presented by Cooper Tires?
«La USF2000 rappresenta, per molti piloti, il primo passo della loro filiera di professionisti. Le nostre serie comprendono tutti e tre i tipi di circuiti e una scholarship che consente loro di raggiungere il livello successivo. I budget per affrontare una stagione sono estremamente ragionevoli e la nuova Tatuus USF-17 è dotata di tutte le caratteristiche e le tecnologie necessarie a formare in maniera adeguata un pilota. La Pro Mazda rappresenta un passo ulteriore in fatto di prestazioni con il passaggio da 175 a 275 cavalli, una aerodinamica più importante e gomme più larghe per continuare la progressione dell'addestramento. La competizione sale di livello e l'aiuto finanziario a disposizione dei piloti aumenta per mettere loro a disposizione i fondi necessari a salire nella Indy Lights».

Quali piloti considera più interessanti in vista della prossima stagione?
«Domanda difficile visto che io evidentemente non posso avere dei favoriti. I piloti alla seconda stagione avranno ovviamente un vantaggio dovuto all'esperienza, ma nella USF2000 la nuova vettura sarà un fattore equilibratore. Il pilota che emergerà dallo spareggio di dicembre che mette in palio una borsa di 200.000 dollari verrà finanziato per la stagione 2017 della USF2000, e visto che emergerà da una gara molto serrata sarà un pilota, o una pilotessa, da tenere sotto osservazione. Nella Pro Mazda, il nostro campione USF2000 (l'australiano Antony Martin, ndr) salirà di un gradino e dovrà dimostrarsi competitivo visto che tenterà di approdare nella Indy Lights attraverso la Pro Mazda in una sola stagione. Sarà molto divertente da vedere».

Come è iniziata la collaborazione con la Tatuus, e perché ha scelto la factory italiana?
«Negli anni '90 ero il proprietario e l'organizzatore della USF2000 e in quegli anni liberalizzammo i regolamenti che riguardavano il telaio, cosa che ci portò ad avere sei o sette diversi costruttori coinvolti con i nostri team. La Tatuus entrò nella serie, credo nel '98, e immediatamente si dimostrò in grado di fornire una vettura di qualità superiore. Vendetti la serie nel 2001, i nuovi proprietari scelsero di avere un solo telaio, e così persi di vista la Tatuus. Nel 2010 la IndyCar mi ha chiesto di prendere parte alla rinascita della USF2000 che aveva smesso di esistere nel 2006. Ho accettato, e quando è stato il momento di scegliere un nuovo telaio, subito la Tatuus è entrata a far parte della lista di costruttori da cui intendevo ricevere un progetto. Non ho mai dimenticato la macchina che avevano portato nel 1998, e li ho sempre tenuti in grandissima considerazione».

Dopo i primi test a Indianapolis che impressione ha ricavato dalla nuova Tatuus USF-17? Che cosa le piace di più della monoposto?
«È un'ottima macchina da corsa, che offre un grande rapporto qualità/prezzo. Contiene quello che cercavamo, ovvero l'utilizzo di un minore carico aerodinamico che consente di avere gare più combattute e un migliore addestramento per i piloti. È la qualità che mi aspettavo, il livello di eccellenza della Tatuus, una macchina che dà ai giovani tutto ciò di cui hanno bisogno. Tutti i riscontri che abbiamo avuto dopo i test sono stati positivi, e sono convinto che questa macchina trasformerà in meglio la categoria».

Come dovrà essere la monoposto per il campionato 2018 della Pro Mazda, che sta realizzando sempre la Tatuus?
«Il nostro progetto prevede più aerodinamica e regolazioni per il pilota, più cavalli e più gomma. Ci aspettiamo uno sviluppo del cambio e un passo in avanti nelle sospensioni. L'idea è quello di preparare i piloti per la Indy Lights, e sono sicuro che la PM-18 sarà perfetta per questo».

Le vetture Tatuus e Dallara gareggiano negli USA, mentre nel 2016 un team statunitense, quello di Gene Haas, ha partecipato alla F.1. Pensa che in futuro vedremo una più stretta collaborazione fra gli USA e l'Europa nel motorsport?
«È la mia speranza. Abbiamo davvero migliorato il tipo di preparazione che impartiamo ai piloti nella Mazda Road to Indy e mi auguro che possano trovare la loro collocazione in tutte le realtà mondiali. E che più team stranieri possano vedere un'opportunità qui negli Stati Uniti».

Per finire: si ricorda di qualche episodio particolare che riguarda la sua amicizia con Gianfranco De Bellis?
«La Tatuus portò uno staff veramente adorabile e divertente in pista nel 1998 e nel '99, li apprezzavamo davvero. Mi ricordo di una partita a calcio che organizzammo a Mid-Ohio fra l'Italia e il resto del mondo; io giocai e penso anche Gianfranco. Vinsero gli italiani, ma credo che fu perché il resto del mondo impiegò tutte le pause e l'intervallo a bere un po' troppo!».
gdlracing