22 Ago [11:43]
2019 con 16 macchine,
e un nuovo nome in futuro?
Jacopo Rubino
Da un lato c'è l'euforia della vigilia di Misano, con la prima volta in notturna e la sensazionale partecipazione di Alex Zanardi. Ma dall'altro, nel DTM si continua a ragionare sul futuro: il 2019 sarà un anno di transizione, tra i nuovi regolamenti tecnici (addio ai motori V8, arrivano i turbo e l'allineamento al Super GT giapponese) e Audi e BMW chiamate a reggere da sole l'intera baracca senza la Mercedes.
Serviranno almeno 16 piloti al via, con i due costruttori superstiti che dovranno tornare a schierare 8 vetture, come accadeva fino a due stagioni fa. Questo è il parere di Dieter Gass, direttore sportivo della casa di Ingolstadt. "Per me è il limite", ha sottolineato ad Autosport. "Questo è quanto stiamo discutendo. Siamo ancora agli inizi, ma dobbiamo avere almeno due macchine in più per ogni marchio".
Per rendere lo sforzo più sostenibile, le due auto "extra" potrebbero essere affidate a squadre satellite, seppur i cambi regolamentari consentiranno di avere materiali alla pari degli ufficiali. "Questa è la grande differenza con il passato, quando le vetture clienti erano del campionato precedente", ha ribadito Gass. Il tutto con la speranza che possano avverarsi le voci di un ingresso di Aston Martin nel 2020, attraverso il supporto della struttura di HWA.
Si studia un nuovo nome?
A livello promozionale, invece, il DTM potrebbe addirittura varare un cambio di denominazione per assumere un profilo più ampio, allentando un po' lo stretto legame con la Germania. Ad ammetterlo è stato direttamente il boss della serie Gerhard Berger: "L'attuale nome ha tanti punti a favore e tanti a sfavore. C'è una solida base di appassionati tedeschi, ma al di fuori vorrebbero un nome più internazionale. Fin qui non siamo giunti a una conclusione".
Sarebbe un'operazione simile a quella compiuta nel 1996, quando il "vecchio" DTM si trasformò in ITC (International Touring Car Championship): a sfidarsi erano Mercedes, Alfa Romeo e Opel con gli indimenticabili bolidi di Classe 1, si gareggiò persino a Interlagos e Suzuka, ma a fine anno arrivò il collasso per l'impennata dei costi. Poi la rinascita nel 2000, ripartendo dal suolo teutonico.
"A lungo termine credo che un campionato puramente tedesco sia piuttosto difficile da sostenere, dobbiamo essere più internazionali", preme proprio Gass. Ma Berger non vuole avere fretta: "Dobbiamo prima rafforzare il nostro prodotto in paesi come Italia o Gran Bretagna. Servono due o tre anni per stabilizzarci, non è un singolo evento a bastare, ci vuole tempo. Dopodiché potremo pensare al prossimo step".