Jacopo Rubino"Il meglio è nemico del bene", un adagio popolare che illustra in modo quasi perfetto il paradosso in cui si trova la Haas. Più in generale, racconta di come, anche nella Formula 1 "scientifica" e ipertecnologica di oggi, possano verificarsi cose non previste dai simulatori. In cerca di risposte, la squadra americana da Silverstone ha schierato
due versioni diverse della sua vettura: Kevin Magnussen ha utilizzato la VF-19 dotata degli ultimi sviluppi aerodinamici (costati ovviamente parecchio denaro), Romain Grosjean è tornato alla specifica originale di Melbourne. In base alle condizioni, il confronto interno ha dato risultati diversi. Per gli ingegneri, un incubo.
"Se hai una macchina mal riuscita hai un grosso un problema, ma se a volte è competitiva e così pensi che il problema sia più piccolo, in realtà è ancora più grande. Perché c'è qualcosa che bisogna individuare, ed è difficile", ha ammesso il team principal Gunther Steiner. Il tutto rischia di influenzare il progetto 2020, già avviato perché "non si può vivere giorno per giorno. Bisogna guardare il quadro più ampio, e lavorare di conseguenza senza farsi prendere dal panico".
A Budapest sono state confermate tutte le stranezze nel paragone tra le VF-19. Al sabato, nonostante il minor carico disponibile, Grosjean è entrato in Q3, ottavo, mentre Magnussen si è fermato in Q2. "In Q3 abbiamo tirato fuori il massimo", raccontava il francese, "ma sono preoccupato per la corsa. Ci manca la downforce che aiuta a conservare i pneumatici". Il compagno, invece, spiegava perplesso: "Sono stato quarto in Q1, e quindicesimo in Q2. Ci sono troppi alti e bassi, persino nella stessa sessione. In Q1 la monoposto era perfetta, in Q2 non avevo grip".
In gara, in effetti, gli equilibri si sono ribaltati in favore della VF-19 aggiornata, quella di Magnussen, tredicesimo al traguardo. "Visti i problemi che incontriamo quest'anno, per i nostri standard il ritmo era buono", ha detto sollevato. Grosjean si è dovuto ritirare a causa di un problema con la pressione dell'acqua, ma il suo Gran Premio si era già trasformato in calvario: "All'inizio ero soddisfatto, l'auto era a posto con le gomme soft e tenevo tutti alle spalle. Poi abbiamo montato la mescola hard, che non avevamo quasi testato durante il weekend, e non c'era grip. Era impossibile portarla in temperatura".
Molti dei guai Haas, ormai è noto, sembrano quindi dipendere dall'alchimia con i pneumatici. "Rendono le gare imprevedibili, persino strane. Gestirli è complicato. Continueremo a impegnarci fino a che non cambierà qualcosa", ha sottolineato Steiner. Nessun'altra scuderia pare soffrire tanto nell'utilizzo delle Pirelli, o almeno non è così sibillina nelle spiegazioni. La pausa estiva forse sarà d'aiuto, in fondo questo Mondiale si può ancora raddrizzare: la Haas è penultima in classifica con 26 punti, ma Racing Point (31) e Alfa Romeo (32) non sono lontane.