Jacopo Rubino - XPB ImagesLa confezione è stata bellissima: pubblico da tutto esaurito, celebrità, richiami a un repertorio sconfinato di simboli e "americanate". Per la Formula 1 il primo Gran Premio di Miami è stato un paradiso di marketing, ma venuti al sodo, dopo la spasmodica sensazione di attesa costruita da Liberty Media, sono emerse anche varie stonature. Segno, ancora una volta, che la competizione sportiva non va sacrificata sull'altare dell'intrattenimento.
Il piatto forte, la corsa di domenica, è stato abbastanza insipido: un po' di sale è arrivato solo dopo la safety-car intervenuta al giro 41 per l'incidente fra Pierre Gasly e Lando Norris. I distacchi neutralizzati sono stati una iniezione di adrenalina per fermare la noia che stava dilagando. Si dirà che poteva accadere ovunque, ma forse non è un caso che tracciati senz'anima, come questi cittadini realizzati a tavolino, producano quasi sempre gare poco memorabili.
Il Miami International Autodrome non porta la firma dell'architetto Hermann Tilke, ma dello studio britannico Apex, in effetti costretto a molti compromessi per concepire un percorso nel terreno attorno all'Hard Rock Stadium. Di fatto, quello che era un immenso parcheggio. Qui conta il parere dei piloti: giudizio complessivamente discreto, ma forti critiche per la chicane 14-15. Per il progettista Clive Bowen doveva essere un "generatore di errori", per mettere alla prova chi guida, ma secondo noi è stata soprattutto un generatore di rischi inutili. E poteva andare peggio.
Le sconnessioni, i cordoli "cattivi", e i muri in cemento hanno creato un mix pericoloso: ne sanno qualcosa Carlos Sainz e Esteban Ocon, che pur sbattendo a velocità non altissime hanno sofferto contraccolpi violenti, più del normale. In FP3 addirittura di 51G per il francese, che ha dovuto saltare la qualifica per i danni riportati dal telaio della sua Alpine. Non sarebbe accaduto con uno strato di barriere elastiche: una grave pecca di sicurezza da parte degli organizzatori e della FIA, che per giunta hanno dato poco ascolto agli appelli per correttivi.
E questo senza parlare della qualità per il pilotaggio: "Se fossi stato in kart sarebbe stata una bella chicane, ma per le F1 di oggi non è adatta", ha affermato Max Verstappen, poi vincitore. Daniel Ricciardo ha definito "da Topolino" il tratto più tortuoso, in rapporto alle dimensioni delle monoposto odierne.
Nel mirino anche l'asfalto, che durante il weekend è stato infatti risistemato in alcuni punti, come curva 17, e ha offerto un'aderenza davvero ridotta, quasi da bagnato. Pure questa, "non da Formula 1", ha affermato ad esempio Norris, pur con l'attenuante dell'elevato caldo. Fuori traiettoria il grip crollava, scoraggiando i sorpassi. "Ce ne sono stati chiaramente meno di quanti avrei pensato", ha ammesso alla fine Gasly. Serve a poco aver preparato per anni per la rivoluzione aerodinamica delle auto a effetto suolo, se poi si allestiscono tracciati ostili ai duelli. E Miami sarà anche affascinante, ma almeno a Montecarlo ci sono decenni di storia del motorsport.
Il magnate Tom Garfinkel, organizzatore del Gran Premio, proprietario dei Miami Dolphins di football e dello stadio, ha promesso che si lavorerà per migliorare nel 2023. Ma più di tutto, serve che i padroni del Circus capiscano che non basta la confezione a rendere speciale il contenuto.