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1 Lug 2019 [20:18]

Niente penalità? Usato il buonsenso:
Leclerc ingenuo, gli servirà per il futuro

Massimo Costa

Buonsenso. Avevamo usato questa parola in occasione del caso della pistola fumante di Montreal e l'abbiamo utilizzata domenica scorsa in Austria. Buonsenso. Al di là delle regole, dei comma, degli articoli, nelle corse come nella vita occorre mettere in campo l'intelligenza per analizzare le situazioni contingenti. Se ci fermiamo invece, soltanto a leggere le postille, i codici, senza guardarci attorno per capire quel che accade, allora mettiamoci il berretto in testa e trasformiamoci in vigili urbani inflessibili No, non funziona così. Soprattutto nel mondo dello sport.

L'importante è parlarne, si dice, e non c'è dubbio che mai tanto si è parlato di F1 come in queste ultime settimane. A scatenare la pancia degli appassionati e degli addetti ai lavori, le decisioni prese sulle penalità inflitte o non inflitte a questo e quello. Tutto è partito dal Canada, dalla decisione (a nostro avviso assurda) di affibbiare 5" a Sebastian Vettel dopo essersi salvato da una situazione di difficoltà che lo ha portato a rientrare in pista davanti a Lewis Hamilton, costringendo al rallentamento il pilota Mercedes. Il buonsenso in questo caso non è per nulla stato considerato, Emanuele Pirro era l'ex pilota presente a Montreal, e quella penalità ha scatenato un logico putiferio. Togliendo una vittoria certa alla Ferrari di Vettel.

Bisogna, però, ammettere che fino al Canada, le penalità in F1 erano molto diminuite negli ultimi due-tre anni. Prima ancora, la scure dei commissari sportivi si abbatteva per ogni cosa commessa dai piloti, anche minima, senza se e senza ma. Davanti alle proteste, si è passati a essere più permissivi, ma a Montreal si è riaccesa la miccia. E così ogni manovra, ogni situazione limite, è finita sotto la lente d'ingrandimento richiamando la decisione finale del Canada. Un errore farlo però, perché è sbagliato andare ogni volta a riprendere quanto accaduto tra Vettel e Hamilton. Quella scelta è stata semplicemente una ingiustizia che non si dovrà più ripetere in F1 e non deve fare giurisprudenza. Va dimenticata in fretta.

A Le Castellet, Daniel Ricciardo è stato giustamente punito per aver tratto vantaggio in poche centinaia di metri da due scorrettezze (non gravi) che gli hanno permesso di guadagnare due posizioni. Scorrettezze palesi ed evidenti, volute, e quindi giustamente i commissari sportivi (pilota presente l'ex F1 Yannick Dalmas), hanno optato per i 10" di penalità, 5" + 5". Quello di Ricciardo era un caso diverso da quello di Vettel: il tedesco era uscito da una situazione di difficoltà a seguito di un errore in ingresso variante, Ricciardo aveva, con specifica volontà, fatto il furbetto.

Quello di Spielberg, è un caso ancora diverso rispetto a quelli giudicati a Montreal e Le Castellet. Trattasi infatti di sorpasso limite, fianco a fianco, con accompagnamento dell'avversario all'esterno. Max Verstappen non ha volutamente lasciato lo spazio a Charles Leclerc, magari ha frenato un attimo in ritardo ed è arrivato lungo, ma l'episodio non va paragonato per niente a quello di Vettel o Ricciardo. Trattasi appunto di "accompagnamento", ne vediamo in tutte le gare tutte le domeniche, dalla F4 in su. Chi si meraviglia della non penalità all'olandese della Red Bull, dovrebbe forse guardare un po' più di corse. Bene hanno fatto i commissari sportivi (Tom Kristensen l'ex pilota presente) a non intervenire, a giudicarlo un episodio di gara. 

Magari si potrebbe anche parlare di ingenuità di Leclerc che si è lasciato attirare nel tranello con una facilità disarmante. Verstappen si fa fregare una volta, come avvenuto il giro precedente, ma la seconda no. Strano che il ferrarista non abbia agito in maniera diversa, frenando prima per cercare di incrociare la traiettoria, per esempio. Gli servirà da lezione per la prossima volta, ora che ha capito che con Verstappen, quando si duella, si è sempre ai confini se non oltre il limite.

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