Jacopo RubinoAuguri, DTM. Gara 2 di domenica al Lausitzring sarà la 500esima della sua storia, cominciata nel 1984 sul circuito belga di Zolder. È curioso che la categoria turismo più veloce al mondo, in Germania un'istituzione seconda solo alla F1, abbia iniziato questo lungo cammino fuori dai confini nazionali. Ma del resto, nella vecchia Repubblica Federale Tedesca, gli unici impianti permanenti erano quelli di Hockenheim e del Nurburgring. In 35 anni, è cambiato praticamente tutto.
La nascita avvenne come Deutschen Produktionswagen Meisterschaft, un variopinto campionato "produzione" per modelli Gruppo A, mentre quelli di oggi sono autentici prototipi gestiti da strutture ufficiali. È di questa stagione il ritorno ai motori turbo, già visti fino al 1988, punto chiave del nuovo regolamento Class 1 studiato insieme al Super GT giapponese. E in un futuro non troppo lontano, forse, si aggiungerà l'ibrido.
In mezzo, l'ascesa e la chiusura degli anni Novanta, dopo aver volato troppo in alto: nel 1996 il DTM divenne quasi un Mondiale, l'International Touring Car Championship supportato dalla FIA, ma l'impennata dei costi (13 round, persino a Interlagos e Suzuka) portò al rapido collasso. Nel 2000 la rinascita voluta da Opel e Mercedes, entrambe ormai confinate nel passato: se la casa di Russelsheim abbandonò già nel 2005, da comprimaria, quella di Stoccarda lo ha fatto soltanto a fine 2018, chiudendo in bellezza grazie al titolo raggiunto insieme a Gary Paffett.
Mercedes è uscita per dirottare budget e risorse sulla Formula E, ma al momento dell'annuncio (luglio 2017) sembrava aver condannato a morte l'intera serie. Il lavoro di Gerhard Berger, subentrato al lungo "regno" di Hans Werner Aufrecht, ha invece permesso al DTM di restare in salute e gli ha dato nuove prospettive: ha coinvolto l'Aston Martin per evitare il duopolio Audi-BMW, poco allettante, e sta gettando le basi per creare una piattaforma più internazionale.
"Quando correvo io, si diceva spesso che sarebbe stato l'ultimo anno". Sono parole di Bernd Schneider, che di questo palcoscenico rimane il più grande: detiene il record di presenze (236), vittorie (43), pole-position (25) e ovviamente titoli (5). Insomma, per il DTM sembra normale trovarsi sul filo del rasoio, a dispetto dell'importanza che gli è riconosciuta. Il seguito è forte in molti Paesi, Italia inclusa. Buona parte del merito, probabilmente, va ancora all'indimenticata partecipazione dell'Alfa Romeo, nel periodo di maggior splendore del campionato. Fu un'impresa, nel 1993, il trionfo al debutto con Nicola Larini al volante della fantastica 155 V6 TI. Il successo sulla Nordschleife riportò addirittura alla memoria le gesta di un certo Tazio Nuvolari, capace nel 1935 di battere la concorrenza teutonica nel proprio territorio. Rivedere al via il marchio del Biscione, attualmente, è solo un sogno mai svanito nel cuore degli appassionati.
Nel frattempo, c’è il presente che vede René Rast leader della classifica generale davanti a Nico Muller e Marco Wittmann. Sarà uno di loro ad aggiudicarsi la fatidica gara numero 500, o un nome inatteso? Per la cronaca, l'apripista in quel 1984 a Zolder fu Harald Grohs, su una BMW. Magari Wittmann spera sia di buon auspicio nella lotta al titolo 2019.