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21 Nov [12:34]

Il caso Ghosn:
Un complotto dietro l’arresto?

Alfredo Filippone

Dopo il clamore, il sospetto: meno di due giorni dopo l’arresto di Carlos Ghosn (tutt’ora interrogato dalla magistratura giapponese, che per legge lo puo' trattenere per altri 18 giorni), la vicenda assume contorni che lasciano pensare che dietro all’accusa di evasione fiscale e malversazioni, si nasconda in realtà una guerra fra le componenti giapponese e francese dell’Alliance Renault-Nissan.

I più attenti osservatori degli affari economici internazionali si stupiscono pubblicamente dei risvolti della vicenda, nel merito e nelle forme. Ghosn è accusato di aver voluto evadere 39 milioni di euro, circa la metà dei suoi entroiti in Giappone nell’arco di oltre cinque anni. Nel caso fosse vero, molti si chiedono come sia possibile che il solerte fisco nipponico non si sia accorto prima di una frode di tale dimensioni, e come essa sia sfuggita anche allo stuolo di esperti fiscali e di legali dell’azienda, allorché la retribuzione dei dirigenti è sotto gli occhi di tutti, pubblicata nei conti e scrutata dai media.

Gli addebiti di prelievo di fondi per uso personale appaiono ugualmente sospetti: a Ghosn viene contestato l’utilizzo privato di quattro appartamenti di lusso acquistati dalla Nissan a Rio, Parigi, Beirut e Amsterdam. Il suo tenore di vita può essere scioccante per l’austera cultura giapponese, ma acquistare immobili e metterli a disposizione dei dirigenti a determinate condizioni, non costituisce reato, anzi è prassi piuttosto diffusa.

Sorprendono ancor di più le forme: dalla velocità (poche ore) con la quale la Nissan ha dimesso Ghosn da tutti gli incarichi alla durezza con cui Hiroto Saikawa, il CEO della casa, ha pubblicamente criticato il suo ex-superiore, senza cercare di guadagnare tempo per capire bene la situazione e senza nemmeno un contatto con l’interessato. Di più: è emerso che è stata la Nissan stessa a trasmettere ai giudici i risultati di una sua inchiesta interna, incurante dei danni all’azienda, d’immagine e sui mercati finanziari, e con la massima pubblicità. Visibilmente preavvertiti, i network TV nipponici erano presenti con le loro telecamere all’aeroporto di Haneda lunedì (alle 4.30 del mattino!) per poter svegliare il Paese con la breaking news dell’arresto di Ghosn, il “gaijin” (lo straniero) osannato come un messia sino a pochi minuti prima e di colpo vilipendiato come ‘avido traditore’.

Ben diversa la situazione in Francia, dove la vicenda si snocciola con la prudenza e i ritmi di questi casi. Solo martedì sera, il consiglio d’amministrazione di Renault, ha sospeso temporalmente Carlos Ghosn dalle funzioni di presidente-direttore generale, precisando che la carica non gli viene tolta e affidando l’interim esecutivo a Thierry Bolloré, mentre il ministro dell’economia, Bruno Le Maire, ha confermato che la posizione fiscale di Ghosn in Francia è ‘assolutamente regolare’.

Il Presidente Macron e il governo ‘seguono gli sviluppi con attenzione’, secondo il comunicato ufficiale, e sono pronti ad intervenire. Le sorti di Renault sono ovviamente affare di Stato, viste le dimensioni del gruppo (59 miliardi di euro di fatturato) e la partecipazione che lo Stato francese ha (15%) in quella che sino a una ventina di anni fa era una delle maggiori aziende pubbliche, la Régie Renault.

Con queste premesse, molti osservatori cominciano a delineare uno scenario che ha dell'inverosimile: Ghosn sarebbe caduto in una trappola disegnata ad arte dai partner giapponesi, con la complicità dell’amministrazione nipponica, per recuperare il controllo di una delle pochissime grandi aziende del Sol levante caduta di fatto in mani straniere.

L’Alliance Renault-Nissan è un caso anomalo di ‘conglomerato’ visto che non è il risultato di fusioni o acquisti tradizionali, ma un’unione tramite partecipazioni incrociate: Renault detiene il 43% del capitale della Nissan, che a sua volta ha il 15% delle azioni Renault. Non è un rapporto alla pari, perchè le aziende non hanno pari peso, e il comando è chiramente in mano ai francesi, anche per la presenza storica dello Stato francese nel DNA dell’azienda e le implicazioni politiche che ne derivano.

Trapela ora che questo stato di cose, accettato dai giapponesi quando la Nissan è stata salvata dalla bancarotta e risanata, stia suscitando sempre maggiori insofferenze nei poteri forti giapponesi, ora che l’azienda produce profitti superiori a quelli di Renault. Il tutto in un contesto internazionale dove le tensioni commerciali non fanno che aumentare, alimentando reazioni protezionistiche e nazionalismi.

La caduta di Ghosn potrebbe essere solo il primo, pretestuoso e necessario passo in un machiavellico complotto, praticamente un ‘colpo di stato’, dei giapponesi per recuperare la Nissan. Fantaeconomia? Lo vedremo nelle prossime ... puntate. Perché di vero thriller si tratta...
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