Marco Cortesi
Il finale di Martinsville, con la mossa di Ross Chastain di percorrere tutta l'ultima curva della gara contro il muro, guadagnando l'accesso alla finale della NASCAR, è diventato un fenomeno comunicativo e di costume. Prima di tutto, ha fatto circolare il nome del pilota, della squadra, e anche del campionato in tutto il mondo. A volte scatenando sfottò e ilarità, ma ha comunque raggiunto l'obiettivo di creare più notorietà per la scena stock-car.
Ma è anche un fenomeno commerciale. La mossa da videogame ha ricevuto un nome, "hail melon" (riferimento all'attività agricola della famiglia di Chastain), ed è stata creata una piccola linea di abbigliamento in buona parte già esaurita.
Inoltre, Lionel, l'azienda che ha in licenza la produzione di modellini NASCAR, ha comunicato i propri modelli più venduti dell'anno. Al primo posto, e di gran lunga, c'è la vettura del "Melon Man" di Martinsville, danneggiata proprio come quella che ha tagliato il traguardo.
Il motorsport nell'era dell'entertainmentLa prontezza del team, del pilota e della categoria nel "vendere" un evento straordinario ha fatto già scuola, tanto più che la scuderia di Justin Marks si è già mostrata capace di sfruttare al meglio il "cinema" dentro e fuori dalle gare. Un atteggiamento che è il modello anche per altre categorie che, per incrementare la propria rilevanza, hanno bisogno di puntare ad intrattenere di più il pubblico.
Una tendenza necessaria se il motorsport vorrà sfuggire al processo di transizione all'elettrico: non potendo (o volendo) dare ai costruttori automobilistici qualcosa che richiama il prodotto su cui puntano di più, e restare ancorate alla tradizione, le corse dovranno garantire numeri, intrattenimento e opportunità commerciali per continuare a ricevere le loro attenzioni. Un concetto compreso ad esempio anche dalla Formula 1 dell'era Liberty, e da sempre insito nella filosofia delle stock-car americane.