Jacopo Rubino1200 licenziamenti, pari a oltre un quarto della propria forza-lavoro. Il McLaren Group dovrà applicare misure durissime dopo gli effetti dell'emergenza Coronavirus, che ha fatto crollare le vendite delle auto stradali e ovviamente fermato il motorsport, con i relativi ricavi. Ne risentirà anche lo staff della squadra di Formula 1, con una settantina di tagli su un totale di circa 800 dipendenti.
"Questo è indubbiamente un momento impegnativo per la nostra azienda, e in particolare per il nostro personale, ma pianifichiamo di riemergere come una attività efficiente e sostenibile così da tornare a crescere", ha dichiarato il presidente Paul Walsh. Nel comunicato diffuso, si sottolinea come sia stato fatto il possibile per evitare i licenziamenti, ma che "non ci fosse altra scelta".
E a quanto pare ci sarà una seconda ristrutturazione nel 2021, quando in F1 entrerà in vigore il budget cap da 145 milioni di dollari: proprio la McLaren, attraverso il responsabile Zak Brown, era stata la scuderia più attiva nel chiedere di abbassare il limite addirittura a 100 milioni. Ma a questo punto viene da chiedersi quanti altri dipendenti sarebbero stati lasciati a casa, con un tetto ancora più severo come desiderato dal manager americano.
Un approccio opposto rispetto a quello della Ferrari, il cui team principal Mattia Binotto ha insistito nel restare a quota 145 milioni, dichiarando che il budget cap libererà risorse da destinare a potenziali altri impegni agonistici, come il Mondiale Endurance o la IndyCar. Proprio per evitare licenziamenti nella Gestione Sportiva.
La McLaren era stato il primo dei team britannici a sfruttare gli aiuti nazionali per congedare provvisoriamente parte del personale, e ha messo un'
ipoteca di circa 300 milioni di euro sulla sede di Woking e sulle vetture storiche come copertura. Lo stesso governo di Londra ha infatti rifiutato un mega-prestito da 150 milioni di sterline, non avendo le prove che fossero state esplorate a sufficienza altre fonti di finanziamento.