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16 Mag 2020 [14:53]

Cinquant'anni di Sauber,
una scuderia dai tanti volti

Jacopo Rubino

Buon compleanno, Sauber. Il team svizzero, oggi sulla griglia di Formula 1 con il marchio Alfa Romeo, ha appena compiuto mezzo secolo: sì, perché se l'ingresso nella categoria regina è datato 1993, alle spalle c'era già una ricca storia agonistica. L'origine della favola risale infatti al 1970 in un garage alle porte di Zurigo, dove venne realizzata la barchetta C1 per le cronoscolate. Alla guida lo stesso Peter Sauber, che aveva scelto la lettera "C" in omaggio alla moglie Christiane, e si laureò campione nazionale della specialità. La monoposto della stagione 2020, etichettata come C39, prosegue la dinastia.

Una lunga storia, nonostante tutto
In cinquant'anni di esistenza la Sauber di strada ne ha fatta parecchia, evolvendosi in un vero gruppo industriale, e ora festeggia un traguardo tutt’altro che scontato. Basti pensare al 2016, quando il baratro era a un passo, fra difficoltà in pista e ritardi nel pagamento degli stipendi. Provvidenziale fu il salvataggio compiuto dal gruppo Longbow Finance, che ha visto herr Sauber cedere in modo definitivo le redini della sua creatura. Da allora, fra l'addio di Monisha Kaltenborn, l'insediamento di Frederic Vasseur come team principal e i legami intensificati con Ferrari e il gruppo FCA, è avvenuta la risalita verso metà schieramento. Ormai, contando le varie identità assunte, è vicina a superare la Lotus come quarta squadra di sempre per presenze.



Una squadra... camaleontica
La Sauber ha sempre saputo trasformarsi, quando necessario. Al debutto in F1 era la testa di ponte per lo sbarco della Mercedes, a cui era legata già dalla trionfale partecipazione al Mondiale Sport, schierando anche un certo Michael Schumacher. Ma dopo il "rodaggio" ufficiale del 1994, con la casa tedesca che sposa la McLaren, la Sauber si reinventa ottenendo per il 1995 lo sponsor Red Bull, che si sta affacciando nell'ambiente, e i V8 ufficiali Ford ex Benetton. Nel 1996 viene siglato il munifico legame con Petronas, che finanzia l'utilizzo dei V10 Ferrari, promettendo di lavorare intanto a un propulsore tutto suo. Ma la crisi asiatica stoppa il progetto, e la Sauber rimane una fedelissima cliente di Maranello. Sauber-Petronas, sotto il cofano le unità clienti del Cavallino, livrea blu e verde acqua: una combinazione che rimane quasi immutata per nove campionati, il migliore chiuso addirittura in quarta posizione, nel 2001. I piloti? Nick Heidfeld e il rookie Kimi Raikkonen.



Con BMW ascesa e caduta
Nel periodo sotto la proprietà BMW, che aveva divorziato dalla Williams, la Sauber è arrivata ad essere un top team per davvero, grazie a enormi investimenti nel quartier generale di Hinwil: la galleria del vento è ancora oggi è un'eccellenza assoluta. Nel 2007 diventò stabilmente la terza forza della F1, per poi festeggiare nel 2008 uno storico successo in Canada insieme a Robert Kubica. Credendoci un po' di più, si poteva persino ambire all’iride approfittando della sfida Ferrari-McLaren, visto che il polacco a due gare dal termine era soltanto a -12 dal futuro iridato Lewis Hamilton. Cambiò tutto nel 2009: a fronte di enormi aspettative nella rivoluzione regolamentare, la stagione fu un flop. La fuga dei bavaresi sarebbe stata distruttiva, senza la riacquisizione operata da Peter Sauber, già 66enne, e il ripescaggio dalla FIA per rimediare all'addio di un altro grande costruttore, la Toyota. A Parigi avevano dato priorità alle nasciture Lotus Racing, Virgin e HRT, compiendo con il senno di poi un bell'errore di valutazione.

Il ritorno da indipendente
Riammessa per il rotto della cuffia, e riallacciata la fornitura dei motori Ferrari, la Sauber dal 2010 è tornata una realtà indipendente, fra alti e bassi. Non sono mancati risultati da urlo, grazie in particolare a Sergio Perez (vicino a vincere sotto la pioggia in Malesia nel 2012), Kamui Kobayashi e Nico Hulkenberg, ma anche livree spoglie, nonostante i cambi di colorazione, e la necessità di ricorrere a piloti con la valigia per tirare avanti. Proprio nel 2016, i 2 punticini ottenuti da Felipe Nasr nel diluvio di Interlagos furono salutati come un’impresa, per schiodarsi dal fondo della classifica ai danni della Manor.



I tempi bui sono passati
Il periodo sotto la discussa gestione Kaltenborn, per fortuna, sembra già lontanissimo. Il decisivo cambio di marcia è avvenuto nel 2018, anno in cui Charles Leclerc è riuscito a mettersi subito in mostra per guadagnarsi il passaggio in Ferrari. La sponsorizzazione Alfa Romeo si è evoluta in un rebranding completo per il 2019, quando l’ormai veterano Raikkonen è tornato in squadra, 18 anni dopo quella promettente stagione d’esordio. E non è solo grazie al Biscione se in Italia la Sauber (pardon, Alfa Romeo Racing) può godere di molte simpatie: l’altro portacolori è il nostro Antonio Giovinazzi, pronto per il 2020 a sfruttare l’esperienza accumulata, il capo progettista è invece Luca Furbatto. A scanso di equivoci, se mai dovesse arrivare una seconda vittoria in Formula 1 dopo quella del 2008 con Kubica, rientrato a sua volta come collaudatore, suonerà comunque l’inno della Confederazione Elvetica.
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