Marco CortesiFondata nel 2015 a Maranello e ora trasferita in una sede modernissima alle porte di Verona, Wave Italy è uno dei protagonisti nel mondo della simulazione professionale e del training per i piloti, ma si occupa anche di E-Sport e simulazione per piloti... virtuali. L’azienda ha puntato su un progetto sviluppato internamente con diverse particolarità interessanti. Scopriamo di più insieme al titolare, Alex Martinelli.
Com’è nato il vostro progetto?Nasce tutto dalla passione per i motori in genere e da una visione precisa sulla simulazione di guida che oggi è una realtà sempre più diffusa e in crescita. Siamo una delle poche aziende, se non l’unica al momento, a coprire l’intero panorama delle attività possibili con i simulatori. Produciamo simulatori professionali Formula e GT, che possono essere anche noleggiati per eventi o acquistati/noleggiati a lungo termine, oltre a periferiche per il sim racing. Abbiamo poi il Professional Training Center a Verona dove con i simulatori e con un coach dal grande passato agonistico, Marco Zipoli alleniamo piloti professionisti e molti ragazzi che cercano di passare dal kart alle monoposto.
Quali sono le basi della vostra attività?Dalle corse al sim racing, proponiamo soluzioni che rispondono a diverse esigenze, che vanno dal puro gioco e divertimento al professionismo. Non siamo assemblatori, progettiamo, testiamo e realizziamo tutto internamente. Questo permette di conoscere al 100% il prodotto, cosa che ci avvantaggia sia nello sviluppo, sia nell’assistenza. Per quanto riguarda il sim racing, molte aziende di tutto rispetto hanno sostanzialmente “sviluppato in alto” il videogame, Wave Italy ha deciso di partire dal confine opposto, le corse reali, per adattarlo al sim racing. Questo ci permette di proporre prodotti molto più vicini nelle sensazioni a quelli della realtà.
Parlando invece del training professionale?Sui simulatori Wave Apex del nostro centro siamo davvero riusciti ad arrivare ad un livello di realismo molto elevato. Abbiamo sviluppato un sistema di movimento puntando alla maggiore reattività possibile, in modo che il pilota sia completamente immerso nella simulazione e abbia anche un tempo di adattamento al simulatore molto minore. Per i veicoli utilizziamo modelli proprietari sviluppati con team e ingegneri con grandissima esperienza, tutte le piste sono in laser scan e abbiamo due persone dedicate al lavoro di sviluppo piste, che nella realtà subiscono spesso delle modifiche. Ad esempio, abbiamo già sul simulatore le modifiche di curva 10 a Barcellona, implementate pochi giorni dopo la fine dei lavori. Inoltre, a Verona abbiamo 2 simulatori in parallelo, fatto raro addirittura in Europa. Questo permette al pilota di allenarsi insieme a un collega, ad esempio per testare situazioni come la partenza, il sorpasso, la scia, la tenuta della posizione.
In cosa il lavoro sul simulatore può fare la maggior differenza?La differenza è il fatto di poter lavorare in un ambiente statico – che ovviamente poi può diventare dinamico – per riprodurre tante volte la stessa situazione. In pista non è possibile o è difficile. Si lavora naturalmente sulle capacità del pilota, che possono essere positive ma migliorabili, oppure sui difetti, che al simulatore si possono risolvere in maniera precisa, ad esempio in una situazione climatica statica. Cerchiamo di comunicare al team in modo costruttivo i difetti che vediamo per un raffronto con la situazione in pista. E’ un punto di forza poter parlare con loro, per migliorare ancora più rapidamente la performance. Di base, mentre in pista hai la frenesia di fare il tempo o di azzeccare la finestra giusta, al simulatore si è più tranquilli e focalizzati.
Ragionando all’opposto. È possibile oggi fare a meno del simulatore nella preparazione?Oggi sarebbe davvero difficile, dato che è diventata una fase molto importante per la preparazione e l’uso deriva anche dai regolamenti. Nei campionati con test contingentati è fondamentale essere già ben preparati quando arrivi in pista. Dove non sono contingentati, comunque già durante l’inverno si può lavorare bene per preparare la stagione. Quando poi si parla di kartisti che entrano nel mondo delle ruote scoperte, li “sgrossiamo” in modo che arrivino già pronti al primo giorno di test in pista. Quasi tutti si portano dietro alcune particolarità da kartista che se mantenute in pista su formula sono davvero un problema. Quindi al simulatore possiamo aiutarli ad arrivare rapidi al successo. Oggi la carriera del pilota si è molto ristretta, o meglio accelerata. Tutti cercano di bruciare le tappe e il simulatore è l’unico metodo per provare a riuscirci e con un costo giusto, sostenibile.
Quali sono i principali motivi di disagio o diffidenza nei confronti dell’allenamento con simulatore da parte dei piloti professionisti?Un po’ di diffidenza si riscontra per piloti meno giovani. Per quelli di ultima generazione invece il simulatore è una realtà. Non lo usano ancora tutti, anche perché quelli validi non sono ancora molti, ma tutti i giovani fanno sim racing e quindi hanno una certa attitudine. Per i piloti non più giovanissimi, bisogna abituarsi alle sensazioni del simulatore che per sua natura a volte possono non essere le stesse di un’auto reale. Le forze prodotte dal simulatore sono molto precise e realistiche, ma non per forza di cose tutte, a partire dalle forze G. Funziona però molto bene per allenare il maggior sviluppo dei sensi, occhi in particolare, ma non solo. Un problema si ha con i simulatori che usano una piattaforma inerziale, del tipo 6 gradi di libertà, il cosiddetto “ragno”, che nel muoversi per replicare lo spostamento della macchina ha un ritardo, piccolo ma sensibile e fisicamente inevitabile. Il pilota deve allora lavorare sempre in anticipo oppure sente il ritardo del motion che dà comunque una sensazione non piacevole. Per quanto ci riguarda, abbiamo lavorato per ridurre al minimo situazioni di questo tipo.
Quanto è importante l’assistenza di un coach che abbia esperienza sia di simulazione, sia di pilotaggio?E’ molto importante prima di tutto per la validazione dei modelli, poi perché “tranquillizza” il pilota che ha nel coach un riferimento giusto e di alto livello, da esperto. Conoscendo bene la materia, sia a livello di tecnica di guida sia di dinamica del veicolo, ha il vantaggio di poter parlare la stessa lingua. Capita che pilota e ingegnere non si capiscano bene, sono lavori ed esperienze diverse. Da no,i parli da pilota a pilota e se il coach ha dei dubbi può anche salire sul simulatore, verificare quello che gli ha detto il pilota: con i piloti giovani si guadagna molto tempo. Inoltre sa anche trasmettere molto bene ai piloti quanto sia davvero fondamentale allenarsi con costanza, e quanto si perda a non farlo.