25 Set [21:10]
Di editti, crociate e sultanati
La museruola a Verstappen e Ogier
È questa la FIA che vuole Ben Sulayem?
Alfredo Filippone
Si è letto molto della nuova crociata di Ben Sulayem (eh, sì: son cambiati i tempi, ora le crociate le fanno i saraceni) contro le parolacce in Formula 1. Poco dopo, a dire picche al provvedimento ci ha pensato Max Verstappen, che sarà scorbutico e presuntuoso, ma stavolta è stato da standing ovation. L’editto presidenziale mi ha riportato in mente un ricordo della mia infanzia in Spagna, dove negli autobus pubblici era affissa una targhetta con un’avvertenza, diventata poi cult quanto il “È pericoloso sporgersi” nei treni italiani, che diceva: “Prohibido escupir y la palabra soez”, letteralmente “Proibito sputare e la parola oscena”.
Chissà perchè il solerte funzionario franchista che aveva redatto l’ingiunzione non avesse semplicemente scritto che era proibito dire parolacce (‘palabrotas’) e avesse invece ricorso a una perifrasi del piffero, con quell’aggettivo, ‘soez’, già allora in disuso, che risultava incomprensibile ai più. I più piccoli, ovviamente, credevamo che la parola bandita fosse proprio quella, ‘soez’, e dunque la gridavamo a squarciagola nei cortili delle scuole nell’ora della ricreazione, pensando di trasgredire assai. Questo per dire che generalmente le proibizioni stupide mancano l’obiettivo o producono effetti non previsti.
Faremmo meglio, come sport al plurale e come società, a combattere gli insulti veri e l’odio viscerale che dilagano sui social, dove grazie all’anonimato si può vomitare di tutto, e i gesti, versi, parole piiù beceri che vediamo e udiamo negli stadi (meglio chiamarli circhi romani), per esempio nei confronti di giocatori di colore. Al cospetto, uno spontaneo, umanissimo ‘vaffa’ o ‘figlio di...’ proferito senza secondi pensieri, a caldo e in piena azione, non dovrebbe scandalizzare nessuno, anche perchè spesso esprime, al di là della rabbia del momento, anche ammirazione per chi ci ha appena fatto fessi con una staccata, un dribbling o una volée da incorniciare.
Attenti, però, a prendere alla leggera questa vicenda, perchè il problema può diventare più ampio. Si proibiscono gli epiteti innocui, poi cosa viene? La satira? Le opinioni? In realtà, ci siamo già. Esempio numero uno: forse ricorderete che due anni fa, al momento dell’avvio del risorto grande WEC in chiave Hypercar, la FIA adottò un provvedimento che proibiva a Case, team e piloti partecipanti (poi esteso anche al mondo delle GT) esprimere opinioni sulla Balance of Performance, e da allora un certo numero di trasgressori si sono fatti bacchettare sulle dita.
E dire che se c’è materia opinabile nel motorsport è proprio il famigerato BoP, di cui si dice, giustamente, che è azzeccata solo quando scontenta tutti. Ma per la FIA è dogma non commentabile, da trattare soltanto a porte chiuse, nei consessi preposti, dove ci si scanna per un chilo di zavorra o un millimetro di flangia in più o in meno.
Esempio numero due, che è attualissimo: Sébastien Ogier ha pubblicamente criticato la FIA per come ha gestito gli ordini di partenza nelle speciali al recente Rally dell’Acropoli. Immediata la sanzione: 30.000 euro di multa (momentaneamente sospesa, bontà loro) per aver ‘portato danno’ all’autorità sportiva. Inutile ricordare che Monsieur Ogier non è uno qualsiasi che passava di lì, ma un nove volte campione del mondo che forse una qualche autorevolezza e credibilità quando muove un appunto ce l’ha, nè che la FIA avrebbe ben altro di cui occuparsi visto lo stato in cui versa il WRC.
Forse è giunto il momento di suonare il campanello d’allarme, perchè tutto quanto sopra sembra appartenere a una cultura di censura. La quale, nella sua forma più compiuta, altro non è che pretendere di nascondere o negare un fatto o un problema vietando menzionarlo o qualsiasi esternazione sull’argomento, ma che è pericolosa anche in forma strisciante, perchè indice all’auto-censura, cosa non meno subdola. In una società veramente libera, il diritto di esprimersi liberamente non è una concessione di chi detiene il potere, nè può essere dosificato come si affetta un salame. E’un unicum, che c’è o non c’è. Mai scontato, sempre perfettibile.
Ai governanti, nemmeno nelle democrazie più avanzate, l’opposizione, la contestazione e il dissenso non piacciono mai, ma il vantaggio, in certe parti del mondo (alle quali per fortuna apparteniamo), è che non solo sono consentiti, ci mancherebbe, ma anche protetti, codificati e organizzati. Ci siamo arrivati dopo un travagliato percorso, fatto di guerre, inquisizioni, genocidi e rivoluzioni; due millenni circa, però, costellati anche da umanesimo, rinascimenti, scoperte scientifiche, secolarizzazione, conquiste civili e quanto altro ci hanno fatto uscire dalle tenebre, ‘a riveder le stelle’, come scrisse Dante.
Ci si chiede il perchè del piglio autoritario di Ben Sulayem, che ai più avanti negli anni ricorda quello di un suo predecessore, Jean-Marie Balestre, non proprio dal pédigrée immacolato. Sarà retaggio culturale di un presidente certamente navigato e uomo di mondo, ma proveniente da una parte del globo che non è certo la culla dei diritti civili nè della modernità?
O è un calcolo strategico, ora che il baricentro della geopolitica e dell’economia anche sportive si è spostato da Occidente verso le ‘autocrazie’ d’Oriente, per assicurarsi la rielezione nel 2025? Forse contro i nuovi equilibri/squilibri del mondo non possiamo più fare nulla, forse non possiamo opporci più di tanto allo sportwashing, ma almeno difendiamo i valori fondamentali che ci sono cari. Anche sproloquiando, se è il caso.