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28 Mar 2017 [0:26]

La favola Giovinazzi

Jacopo Rubino - Photo 4

Antonio Giovinazzi, a modo suo, ha già fatto la storia del nostro automobilismo spezzando un incantesimo che durava da 1946 giorni: il 27 novembre 2011, Jarno Trulli e Vitantonio Liuzzi disputavano il Gran Premio del Brasile che chiudeva quella stagione, dopo di che, un italiano in griglia non si è più visto. All’epoca, Antonio era un kartista in rampa di lancio, fra i più quotati del vivaio nazionale. Ma a corto purtroppo di risorse. A cambiare il suo destino, l’indonesiano Ricardo Gelael.

Direte, che c’entra uno degli uomini più ricchi di quel Paese, titolare del marchio KFC, con Antonio? Nel karting era divenuto amico di Sean Gelael, figlio di Ricardo, ed essendo l’italiano nettamente più veloce ecco che Ricardo gli affida il ruolo di tutor per far crescere il pargolo. E quindi lo sostiene economicamente per il debutto in formula nel 2012, che avviene dall’altra parte del mondo, misurandosi nella Formula Pilota China con delle F.Abarth. Giovinazzi domina e conquista immediatamente il titolo. Il rapporto con Sean diviene fraterno, Antonio trascorre intere settimane a Giacarta ospite della famiglia Gelael. Per il 2013 viene quindi deciso lo sbarco di Sean in Europa, nel FIA F.3 e sempre con Antonio come chioccia. Gelael pagherà a Giovinazzi ben tre stagioni complete nella categoria che lo vede laurearsi vicecampione al termine del 2015.

Vice campione F.3, ma tutto gira storto
Ed è qui che il suo percorso assume connotati incredibili, grazie a una serie di coincidenze che a posteriori lasciano sbalorditi. Siamo a fine 2015, appunto. Antonio è nelle grazie del Gruppo Volkswagen che lo vorrebbe ancora in Formula 3 col team Carlin, ma i cambiamenti regolamentari appena introdotti dalla FIA consentono un massimo di tre anni di presenza. Un limite già raggiunto. Niente da fare anche nel DTM con Audi, obiettivo iniziale per diventare professionista. Antonio aveva già gareggiato ad agosto sul circuito di Mosca per sostituire lo squalificato Timo Scheider, c’erano tutti i presupposti per entrare a far parte della corte di Wolfgang Ullrich, ma la Casa tedesca è stata travolta dallo scandalo dieselgate. Programmi sportivi tagliati, piloti di altre serie da sistemare. Per Giovinazzi la porta si è socchiusa, rimaneva un ruolo da riserva.

Da ingiusto appiedato, a star della GP2 Series
Il rischio di restare a piedi, ingiustamente, era forte. E il tutto nella indifferenza della Federazione italiana. Nel frattempo, da pochi mesi, Antonio si era accordato con Enrico Zanarini per la gestione manageriale della carriera. Un passo fondamentale. Cosa fare? Zanarini richiede nuovamente l’intervento provvidenziale di Gelael. Il magnate indonesiano, attraverso lo sponsor KFC, rinnova ancora una volta il suo appoggio propiziando lo sbarco in GP2 con la debuttante Prema, di cui è stato il principale avversario in Formula 3. La squadra italiana aveva praticamente già firmato, oltre a Pierre Gasly, un altro francese, Arthur Pic. Ma appena informati dell’opportunità di avere Giovinazzi, l’opzione Pic è stata bloccata. Si è quindi formato un binomio tutto tricolore, inedito per la categoria cadetta, e che in poco tempo lascerà tutti a bocca aperta: Giovinazzi a Baku si è sbloccato centrando una leggendaria doppietta, vincendo gara 2 dopo essere stato addirittura ultimo. Seguono podi e tre ulteriori successi, uno dei quali a Monza con un’altra strepitosa rimonta.

L’ingresso in Ferrari, poi la chance Sauber
Il titolo GP2 sfuma solo nell’epilogo di Abu Dhabi in favore del compagno Gasly. Peccato, ma la F.1 gli ha già messo gli occhi addosso: bussano nientemeno che Mercedes, Red Bull e Ferrari, ma Zanarini sta lavorando nell’ombra per portare il suo nuovo pupillo al Cavallino e si trova l’accordo per diventare terzo pilota. Il resto è presente, frutto di determinazione, umiltà e della ventennale esperienza del manager bolognese, capace di muoversi con maestria all’interno del difficile ambiente F.1. Una bella lezione di motorsport, la prova che avere un budget di famiglia faraonico non è tutto. Ci è voluta ovviamente anche un po’ di fortuna, oltre al fondamentale appoggio di Gelael. E guardando indietro è incredibile notare come il no al suo impiego in F.3 per il quarto anno, il no all’ingresso dell’Audi, risposte negative che parevano una sciagura, in realtà (col senno di poi) si siano rivelate un passo decisivo verso il debutto in F.1. Chi lo avrebbe mai detto.
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