Jacopo RubinoNei preparativi di un matrimonio, anche sfarzoso, ci può sempre essere qualche intoppo. Si direbbe proprio questo il caso di Red Bull e Porsche, per le quali l'annuncio della futura collaborazione, per le power unit di Formula 1 2026, sembrava solo questione di tempo. Invece, a quanto pare, la definizione dell'accordo si trova ad un punto di stallo: la buona riuscita non è più scontata.
Il motivo? Negli intenti non sarebbe una semplice partnership, con Porsche pronta a rilevare il 50 per cento della squadra, come era emerso a luglio dalla
"fuga" di documenti dal Consiglio della Concorrenza in Marocco. L'idea della parziale cessione a Porsche sarebbe stata benedetta da Dietrich Mateschitz, il grande capo dell'azienda austriaca, il quale ormai 78enne sta forse immaginando il domani del suo impero, che va ben oltre la F1.
Il team principal Christian Horner, assieme al consulente Helmut Marko e al direttore tecnico Adrian Newey, avrebbe però tirato il freno: c'è il timore che Red Bull Racing possa perdere la propria autonomia, perché a queste condizioni la casa tedesca avrebbe ovviamente potere di influenzare, decidere e magari inserire proprie figure ai vertici. "Ci sono ancora molti dettagli da chiarire. Porsche è la benvenuta, ma la materia non è semplice. Spero che le discussioni arrivino a un esito positivo", ha per adesso commentato Horner, come si legge su Auto Motor und Sport.
Il 2026 sembra distante, ma in realtà i tempi stringono: il 15 ottobre scade il termine per registrarsi presso la FIA come motoristi, almeno per avere parola sulle questioni tecniche. E per Porsche c'è in mezzo anche la preparazione all'ingresso in Borsa, previsto a breve con lo scorporo dal gruppo Volkswagen: la disciplina dei mercati potrebbe rallentare i passi per l'approdo nel Circus, almeno a livello di comunicazioni pubbliche, ma l’operazione, secondo gli analisti, può generare valore per 85 miliardi dollari.
A dirla tutta, è più Porsche ad avere bisogno di Red Bull, che viceversa: per competere in F1, il marchio di Stoccarda non avrebbe molte alternative, se non quella di rinominare la futura power unit della cugina Audi, che a sorpresa ha ufficializzato per prima il suo arrivo nel 2026. Ma dietro ci sono pure rivalità interne alla galassia VW. Audi produrrà in proprio, presso la base di Neuburg, il suo V6 turbo-ibrido, mentre Porsche farebbe affidamento al reparto motori che Red Bull ha allestito a Milton Keynes così da avere in mano il proprio destino, dopo il disimpegno della Honda. E questo corposo investimento, con 300 ingegneri già in organico, rende adesso i leader del Mondiale 2022 liberi di ragionare con il coltello dalla parte del manico.
"Noi adesso possiamo realizzare un propulsore da soli", ha sottolineato Marko. Questo significa sfidare a viso aperto grandi realtà automobilistiche, ma ci sarà comunque da attenersi al budget cap imposto anche per i motoristi. Un'altra strada sarebbe quella di riallacciare il filo con Honda, se il costruttore giapponese scegliesse davvero di rientrare in prima linea con i prossimi regolamenti: un'ipotesi che dal Sol Levante non è mai stata esclusa.