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12 Feb [18:53]

Tensioni tra Congo e Ruanda
Liberty Media invitata a lasciar
perdere il progetto Formula 1

Quando Liberty Media prima e la FIA poi hanno convintamente preso sul serio l'ipotesi di portare il Mondiale F1, in data futura, in Ruanda, le perplessità degli addetti ai lavori si sono sprecate. Per non parlare delle ironie e delle pesanti critiche per l'ennesimo tentativo di portare il giocattolo F1 in territori certamente inusuali. La FIA addirittura, lo scorso dicembre ha organizzato la premiazione tradizionale di fine stagione proprio in Ruanda, costringendo tutti quanti ad affrontare un viaggio di cui avrebbero fatto volentieri a meno, soprattutto le persone della F1, dopo 24 estenuanti trasferte causa calendario pazzo.

Ebbene, il Ruanda già da settimane in realtà sta vivendo un periodo turbolento con i vicini della Repubblica Democratica cel Congo. E proprio nelle ultime ore, il Ministo degli Affari Esteri del Congo ha caldamente invitato Liberty Media, attraverso una lettera resa pubblica, di lasciar perdere l'idea di fare affari con il presidente del Ruanda, Paul Kagame (nella foto con Stefano Domenicali a Singapore), ritenuto persona poco raccomandabile. Auspicando sì di portare la F1 nel continente africano, ma in Sud Africa.

Cosa sta accadendo in Ruanda e in Congo? Ecco, per chi volesse saperne di più, un easuriente articolo del settimanale Internazionale firmato da Pierre Hasky di France Inter

"Un conflitto vecchio e sanguinoso riemerge in un momento di profonda crisi mondiale. Domenica, nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo (Rdc), il capoluogo della provincia del Nord Kivu, Goma, è caduta nelle mani dei ribelli del movimento M23, che hanno seminato il panico e provocato una fuga massiccia di civili. Nell’area orientale della Rdc operano una miriade di gruppi ribelli, più o meno attivi. L’M23, però, ha una caratteristica specifica: è sostenuto dal vicino Ruanda, che avrebbe inviato anche fra i tremila e i quattromila soldati in territorio congolese. Questo coinvolgimento di uno stato vicino, attestato dai rapporti delle Nazioni Unite e ormai apertamente denunciato dalla Francia e da altri paesi, conferisce agli eventi di Goma una dimensione internazionale.

L’M23 è già stato attivo in passato e ha brevemente occupato Goma una prima volta nel 2012, ritirandosi a causa delle pressioni internazionali. Dopo aver ripreso la sua offensiva nel 2021, la settimana scorsa ha lanciato un attacco su Goma. Nel giro di pochi giorni l’esercito congolese si è ritirato. I caschi blu presenti sul posto non sono riusciti a bloccare i ribelli e hanno perso una decina di effettivi.
 
Per comprendere il contesto del conflitto bisogna tornare al genocidio ruandese del 1994, quando gli autori dei massacri si rifugiarono nella Rdc dopo la vittoria degli uomini di Paul Kagame, tuttora al potere in Ruanda. Questo è il punto di partenza di uno scontro sanguinoso in questa zona senza legge, dove la presenza dello stato congolese è meno forte che in altre aree del paese. Da allora la diplomazia è all’opera per evitare l’escalation.
 
A tutto questo bisogna aggiungere il fatto che il sottosuolo della regione è ricco dei minerali più ambiti del mondo, indispensabili per costruire i dispositivi digitali che usiamo ogni giorno e per la transizione ecologica. La Rdc accusa il Ruanda di aver sfruttato l’M23 per saccheggiare le sue risorse minerarie. Alcuni mesi fa il governo di Kinshasa aveva fatto causa ad Apple per l’uso di minerali ottenuti illegalmente nella regione.

Tutti sanno che il Ruanda è direttamente coinvolto nella guerra contro lo stato vicino, eppure nessuno interviene. Tra i motivi di questa immobilità c’è sicuramente il ricordo del genocidio ruandese: è sempre difficile accusare uno stato che in passato è stato vittima di un’aggressione. La Francia, che da poco ha completato un difficile processo di riconciliazione con il Ruanda, ha evitato a lungo di farsi coinvolgere, ma domenica, in occasione di una riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, l’ambasciatore francese ha parlato apertamente del “sostegno attivo delle forze di difesa del Ruanda” nell’attacco a Goma.
 
Uno dei paesi che possono esercitare una certa influenza sul Ruanda sono gli Stati Uniti, o meglio, sarebbero gli Stati Uniti. Donald Trump, infatti, ignora del tutto il continente africano, dove tra l’altro non ha mai messo piede durante il suo primo mandato. Questa assenza alleggerisce le pressioni su Kagame. A questo punto non possiamo escludere che il cambio di amministrazione a Washington abbia permesso l’offensiva in un contesto di impunità garantita.

I paesi africani cercano di proporre una mediazione. Il Kenya ha tentato (finora invano) di riunire allo stesso tavolo Kagame e il presidente congolese Félix Tshisekedi, mentre l’Angola ha gestito diverse trattative, anche in questo caso senza successo. La comunità internazionale non ha gli strumenti per affrontare una crisi che minaccia di allargarsi, con un costo umano drammatico. È l’ennesimo focolaio in un mondo in fiamme".
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