Massimo CostaQuando sul display dei telefonini dei piloti del gruppo Red Bull appare il numero di Helmut Marko, lo sgomento si impossessa di loro. E la speranza è quella di non essere chiamati per guidare la la monoposto di Milton Keynes. Scherziamo, ma forse oggi giorno non ci sbagliamo troppo.
E a tremare in queste ore è Yuki Tsunoda, che pure quella RB21 tanto la voleva, ma forse ora ci sta pensando su...
Nella foto sotto, Yuki con la Red Bull nei test di Yas Marina dello scorso dicembre.
Se a Suzuka, come pare, dovrà rimpiazzare Liam Lawson, che tornerebbe mestamente in Racing Bulls,
il rischio che si ritrovi in fondo alla griglia, quando col team faentino nelle due qualifiche fino ad ora svolte è sempre entato nel Q3, è enorme. E Lawson, per assurdo, con la Racing Bulls potrebbe fare molto molto bene...
In pochi anni, Christian Horner ed Helmut Marko hanno bruciato un talento come Pierre Gasly, che per sua fortuna si è rivalutato da altre parti, ha bocciato Alexander Albon, capace di ricostruirsi in Williams,
ha distrutto Sergio Perez, un pilota di grande qualità. Tutti abbiamo detto e scritto che il messicano soffriva psicologicamente Max Verstappen, ed era vero sì, ma solo in parte.
Le monoposto Red Bull degli ultimi anni seguono le richieste di guida di Max Verstappen, assurto a pieni poteri, meritamente sia ben chiaro, all'interno della squadra. Ma l'olandese, a differenza per esempio di chi ha vinto quattro mondiali prima di lui in seno alla Red Bull, Sebastian Vettel, ha un modo tutto suo nel "sentire" una monoposto portata al limite. Il punto cruciale è
rappresentato dall'ingresso in curva e dal come Verstappen la gestisce nei successivi metri,
Come ha raccontato recentemente Albon, tentare di imitare la guida di Verstappen è pressoché impossibile, solo lui ci riesce, e se ti infili in quel tunnel non ne esci più. Ed ha fatto un paragone che rende bene l'idea, definendo le vetture Red Bull in curva come
un mouse da computer estremanente sensibile, con la freccina che schizza via sul monitor. Se sei abituato, se ti trovi bene con un mouse del genere, la freccina la gestisci, in caso contrario diventa un "gran casino".

Ovviamente i progettisti Red Bull devono trarre il massimo dalla loro monoposto e per farlo necessariamente devono assecondare colui che porta le vittorie. Non è colpa di nessuno, insomma, ed è una situazione che ci ricorda quella della Ducati nella MotoGP di diversi anni fa, quando il solo
Casey Stoner riusciva a portarla al limite, e oltre, mentre i suoi compagni la giudicavano inguidabile, scorbutica, impossibile da domare. Chiedere a Loris Capirossi e Marco Melandri.
Tornando alla Red Bull, quando ogni stagione arrivava il momento di portare gli sviluppi sulle loro monoposto, i progettisti si sono sempre basati sullo stile di guida di Verstappen, del pilota vincente. Cosa scontata. Così facendo, però, lavorando ulteriormente su quel mouse citato da Albon, rendendolo ancora più impazzito, si sono cancellati definitivamente i piloti della seconda vettura. E' un circolo vizioso dalla quale in Red Bull non sanno uscirne. E cambiare piloti in continuazione,
non è servito a nulla.
Guardiamo quelli che sono stati i team dominanti degli ultimi Mondiali. La stessa Red Bull aveva Vettel e Mark Webber che se la giocavano, la Mercedes ha permesso a Lewis Hamilton e Nico Rosberg di battagliare ad armi pari, poi quando è stato il turno di
Valtteri Bottas guidare per Toto Wollff, la portava sul podio ripetutamente. Michael Schumacher dominava con la Ferrari, ma Rubens Barrichello seppur battuto, lo seguiva a ruota.
In casa Red Bull, nell'era Verstappen, non è andata così.
Forse Adrian Newey avrebbe dovuto ascoltare maggiormente le seconde guide, ma così facendo forse finiva per mettere in difficoltà lo stile di guida di Verstappen. Avrebbe potuto modificare qualcosa l'olandese per venire incontro alle esigenze dei compagni, e dunque permettere al team di acquisire punti pesanti? Difficile, infatti non è accaduto.