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17 Apr [15:51]

Shanghai - McLaren azzecca tutto
La Ferrari continua a deludere

Stefano Semeraro

La F.1 di quest’anno è un’equazione con molte incognite, con variabili che spesso impazziscono, trovare il calcolo giusto che le risolve è un compito riservato – come direbbero gli appassionati della Settimana Enigmistica – ai solutori più che abili. La buona notizia che esce dal compito in classe di Shanghai è che le Red Bull non sono imbattibili, come hanno dimostrato la McLaren e uno strepitoso Lewis Hamilton (un po’ meno Jenson Button…) con una gara quasi perfetta.

Quella cattiva è che la Ferrari ancora una volta ha mancato la sufficienza: il sesto posto di un Fernando Alonso appannato, sverniciato da Hamilton e in difficoltà persino con Michael Schumacher, e il settimo di un Felipe Massa più brillante, ma altrettanto frustrato, sono un brodino che farà infuriare il presidente Luca di Montezemolo. Ormai si è capito che il vero fattore capace di sparigliare le gare – gare un po’ “carnevalesche”, come le definisce Pino Allievi, con troppi cotillon elettronici che mascherano i reali valori tecnici –, di handicappare le macchine più veloci e esaltare quelle un po’ meno performanti sono le gomme.

E la loro gestione. Le Pirelli, su indicazione della FIA, si consumano in fretta, ma soprattutto si consumano in maniera non progressiva, diversa in qualifica e in gara e da vettura a vettura. Per divinare il loro comportamento occorre un muretto capace di valutare al millesimo ogni dettaglio, intuire l’imprevedibile, ma servono anche piloti di classe, aggressivi e coraggiosi, capace di interpretare al meglio le strategie, a volte di suggerirle. La Red Bull, seconda con Sebastian Vettel e terza con un grande Mark Webber, resta la macchina più veloce, ma in Cina si è dimostrata anche vulnerabile.

Ha sbagliato due volte: il sabato relegando Webber in nona fila grazie a una sciagurata scelta di gomme in qualifica (dure al posto di morbide), domenica scegliendo una strategia conservativa e un po’ presuntuosa insieme per Vettel, due pit-stop invece dei tre scelti dalla McLaren. Vettel ha aggiunto peso all’errore con una partenza infelice (“Non la mia migliore, lo ammetto”) nella quale si è fatto sfilare sia da Hamilton sia Button, rischiando anche di finire dietro a Nico Rosberg. Quei secondi persi hanno probabilmente peggiorato la scelta del muretto – che aveva ragionato sugli esperimenti di resistenza fatti alla vigilia della gara – ma con le gomme vecchie nel finale Vettel si è trovato decisamente alla mercè di un Hamilton da urlo, capace di attaccare senza degradare troppo le sue scarpe.

Dettagli, certo, visto l’estremo equilibrio della gara, confusa, ma divertente (è il leit motiv di quest’anno), ma il concorso di colpa resta. Weebber è stato bravissimo a rimontare dalla 18esima alla terza posizione, nel suo caso la strategia era obbligata, ma va considerato che dopo il primo pit-stop, quando ha smontato le “inutili” hard per montare le soft, era ancora 17esimo. La rimonta l’ha messa insieme con la grinta, ma anche sfruttando i treni di gomme morbide e nuove risparmiate a casua della eliminazione nel Q1. Che peraltro servano attori di livello in grado di rectare il giusto copione scelto dal mutretto lo dimostra l’andamento delle cose in casa McLaren: Hamilton, campione immenso quando si tratta di attaccare, di usare il talento puro – avete visto come guatava gli avversari nella scia, come fintava e li beffava come un puma? – ha sfruttato al meglio l’occasione che sognava, quella di arrivare a tiro delle Red Bull.

Button, più adatto a gare conservative, nonostante il quarto posto si è perso: prima letteralmente, entrando nel box sbagliato – quella della Red Bull, forse è un lapsus freudiano… - al momento del primo pit-stop, poi girando, per sua stessa ammissione, con un ritmo troppo blando. Dalla Cina esce comunque una McLaren rilanciata alla grande, che merita applausi per come in sole tre gare ha saputo rovesciare l’esito preoccupante dei test invernali e mettere il sale sulla coda degli Alieni austriaci. Chapeau. A riscattarsi dopo la grande dormita di Sepang è stato anche Nico Rosberg, ottimo in qualifica, brillantissimo in partenza, e poi abile insieme al team ad anticipare i tempi della prima sosta, cambiando le gomme ormai degradate e guadagnando i secondi fondamentali che gli hanno consentito di chiudere quinto, rilanciando le chance della Mercedes.

Stavolta si è battuto come un (maturo) leone anche Schumacher, finito appena dietro alle Ferrari. La Mercedes è ancora lontano rispetto ai migliori, ma qualche segnale di risveglio inizia a darlo, soprattutto per merito dei suoi piloti. Chi ancora non ci capisce nulla è la Ferrari. Lenta in qualifica, inefficace in gara. Lascia un po’ sconcertati il fatto che a Maranello spieghino ora che i risultati ottenuti in galleria del vento non si sono confermati in pista, e solleva preoccupazioni l’incapacità di azzeccare la strategia giusta. Per carità, con una macchina decisamente inferiore, sempre handicappata dalle qualifiche, qualcosa a volte si può e a volte si deve inventare, ma ogni tanto occorrerebbe inventarsela giusta.

Invece, anche stavolta le Rosse – addirittura prime con un Massa finalmente più incisivo a metà gara – alla fine hanno pagato lo scotto di un azzardo, due soste, come Vettel. Forse fatto più per disperazione che per tentare veramente di cambiare la situazione. Il problema, molto triste, è che le cilecche del muretto sono una costante degli ultimi tre-quattro anni in casa Ferrari. Dopo l’era Brawn-Byrne-Todt le “stratègie” da punto forte sono diventate il tallone d’Achille di Maranello.

Oggi Martin Whitmarsh, team principal McLaren, ha detto di aver capito che Hamilton avrebbe potuto vincere “quando abbiamo visto che Vettel avrebbe fatto due soste, lì abbiamo intuito che alla Red Bull avevano sbagliato”. Oltre al cuore caldo nelle gare serve anche una mente fredda. Al di fuori delle posizioni di vertice, va registrato che la Renault è andata a punti, ma che a differenza delle prime due gare non ha mai dato l’impressione di poter lottare per il podio. Che Kamui Kobayashi si è confermato grandissimo fighter portando la Sauber al decimo posto, e che Paul Di Resta si avvia a diventare il rookie dell’anno.

Con la sua Force India (scuderia in costante crescita) si è piazzato appena dietro il giapponese della Sauber. Buono, tutto sommato, il 16esimo posto di Heikki Kovalainen con la Lotus, e ancora incoraggiante la prova di Sergio Perez, anche se poi ha esagerato commettendo qualche scorrettezza che gli è costata un drive through ai danni di Nick Heidfeld e soprattutto di Adrian Sutil. La Williams è 13esima con Rubens Barrichello (e 18esima con Pastor Maldonado), ma incassa il colpo nei confronti dei diretti avversari indiani, Virgin e Hispania sempre in fondo allo schieramento, e con la soddisfazione, inedita per la HRT, di aver portato tutte e due le vetture al traguardo. La salvezza, calcisticamente salvando, per loro è questa.
RS Racing