Massimo Costa - XPB ImagesPensavamo che Max Verstappen fosse maturato anche al di là delle sue enormi capacità di guida. Pensavamo che i successi lo avessero calmato, reso una persona più corretta in pista e riflessiva fuori dall'abitacolo. Tra il 2022 e il 2023, e nei primi mesi 2024, la facilità con cui ha vinto tutto e di più grazie ad una Red Bull imbattibile, la certezza di non avere rivali, in effetti lo avevano reso mite, anche affabile. Finalmente, ci si diceva, ora che ha raggiunto i 26 anni siamo di fronte a un uomo e non più a quel bambino entrato in F1 a 17 anni che come un bulletto di quartiere offendeva i rivali, i giornalisti e i commissari sportivi, causava incidenti. Pensavamo così. Pensavamo.
E invece no. E' bastato poco, una Red Bull meno competitiva, un avversario che lo ha impegnato per la vittoria, vedi il GP di Spielberg, e sono tornate le manovre sporche. Per di più nei confronti dell'unico amico (amico?) che ha nel paddock, Lando Norris. Il quale pubblicamente aveva lanciato un utlimatum all'olandese per quanto riguarda il loro rapporto, salvo poi tornare a più miti consigli. Ma niente sarebbe stato più come prima, tra di loro.
A Silverstone le cose sono apparse serene anche perché Verstappen si è trovato a lottare per la vittoria, andata a Lewis Hamilton. Qiundi, ecco Budapest. La Red Bull aveva portato una serie di novità importanti che quasi la RB20 pareva un'altra monoposto. Firmata Pierre Waché, non Adrian Newey. Il pacchetto tecnico però, si è rivelato fallimentare. Ed ecco che l'olandese è tornato quello che abbiamo conosciuto nella sua forma peggiore.
Volgare, irritatnte, scorretto. E' bastato così poco, un Gran Premio storto, per arrivare ad insultare tutto il team via radio , e ripetutamente. Oltre che i commissari sportivi quando, alla prima curva dopo il via, per superare Norris ha preso la tangenziale di Budapest ed è finito sotto investigazione. Eppure si riteneva nel giusto.
Ci sono stati tanti campioni del mondo che da un giorno all'altro, da una macchina iper competitiva, si sono ritrovati a lottare per un quinto o quarto posto in una gara, o ancora peggio nel mondiale, per via di una monoposto non più performante. Ma non abbiamo memoria di comportamenti così offensivi nei confronti del mondo. Verstappen, che ricordiamo è sempre solidamente al comando del campionato del mondo, sembrava che in Ungheria avesse perso ogni chance per conquistare il quarto titolo.
Sebastian Vettel quando nel 2014 la Red Bull aveva perso il passo, non era certo felice, ma non ricordiamo ripetuti messaggi con insulti ai propri progettisti. Per non parlare di Hamilton che per due anni, dopo trionfi su trionfi, si è ritrovato tra le mani un camion. Eppure, sì, qualche battuta, qualche scocciatura scambiata con il paziente ingegnere Peter Bonnington è scappata, ma alla fine arrivavano sempre parole nel sostenere la squadra. Come anche Michael Schumacher insegnava. Non Fernando Alonso, altro reuccio delle battute infelici nei momenti complicati (dal tutti scemi rivolto alla Ferrari, al motore da GP2 che sconvolse la Honda), ma certo non ha mai raggiunto il livello di Verstappen.
Con l'olandese dal 2015 in avanti sono state toccate vette impensabili, ma sempre consentite dal proprio team, dal suo mentore Helmut Marko. Per non parlare della stessa F1 che gli perdonava di tutto, di certa stampa, di certi commentatori televisivi, dei social, di coloro per cui un campione deve essere bastardo (chissà per quale motivo), perché piaceva ai giovanissimi avere un ragazzotto volgare, scorretto, che pur di arrivare alla vittoria sparava bombe atomiche. Del resto sono questi i tempi in cui ci troviamo, il bullo piace a una certa fascia di persone e allora va esaltato.
Pensavamo... E invece no, abbiamo capito che certe persone non cambiano in meglio anche se hanno ottenuto tutto dalla passione per cui vivono. Il pur sempre sereno Gianpiero Lambiase, ingegnere storico di Verstappen, col quale ha trascorso anche giornate di vacanza, a Budapest è stato ripetutamente investito dagli insulti del suo pilota. Che tristezza. A un certo punto, Lambiase lo ha ironicamente ringraziato per la sua gentilezza, cosa che ha fatto sbottare ulteriormente Verstappen, completamente fuori controllo anche per una strategia errata. Per cosa poi? Per non ritrovarsi a vincere un Gran Premio? Dov'era finito il faro della Red Bull? E' questo l'uomo squadra? Che alla prima crisi dopo anni di vittorie, definisce tutti stronzi e incapaci?
Ma non è tutto. Forse in pochi hanno saputo che al termine della conferenza stampa post gara, quando gli è stato chiesto cosa pensasse di coloro che sostenevano di avere superato il limite per le offese nei confronti della squadra, Verstappen non ha trovato migliore risposta di questa: "Possono tutti andare a farsi fottere". Che ci riporta a quando nel 2018 a Montreal se ne uscì così: "A chi mi chiede ancora dei miei errori gli rifilerò una testata". Sei anni fa, un tempo in cui, come si nota, non è cambiato nulla. Serve un buon psicologo? Forse no, al malcapitato gli arriverebbe una testata. Ma del resto questo è il mondo dei Verstappen, padre e figlio. Non si scappa.
Cosa porterà tutto questo? Il comportamento aggressivo di Verstappen nei confronti della Red Bull è figlio di una voglia di andarsene, di cambiare aria, di chi non ne può più di un certo ambiente? Oppure, come pensiamo e sopra specificato, si tratta solo della frustrazione raggiunta per non aver potutto lottare per la vittoria in una gara?