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2 Ago [15:50]

Vettel con maglietta e mascherina
arcobaleno fa infuriare la FIA

Massimo Costa

L’eterna ipocrisia delle istituzioni sportive, che si illudono di poter tenere la politica fuori dall’uscio, si è riproposta in tutta la sua plasticità domenica a Budapest. Un antipasto, a dir la verità, lo aveva offerto recentemente la UEFA, massima autorità del pallone, quando a Monaco di Baviera in occasione dell'incontro tra Germania e Ungheria per l'Europeo 2020, le autorità tedesche volevano illuminare lo stadio con i colori dell'arcobaleno. Un chiaro messaggio atto a criticare le leggi ungheresi anti LGBT. Ma la UEFA lo aveva proibito, salvo poi fare retromarcia qualche giorno dopo quando è stata travolta dalle critiche. E qualcuno si era chiesto: "L’Uefa ha come sponsor aziende di Cina, Russia e Qatar, Stati autoritari che discriminano donne, omosessuali e dissidenti. Anche questa è politica, dov’è la neutralità?".

A Budapest, per il GP di Ungheria, Lewis Hamilton ha agitato la vigilia postando un proprio lungo pensiero pro LGBT e contro il governo ungherese di Viktor Orban. A ruota, Sebastian Vettel, che si è presentato con scarpette e casco con l'arcobaleno. Bello vedere che oltre i cancelli di ingresso del paddock, dove i tanti conservatori dotati di pass vorrebbero che in quell'area ristretta non si parlasse dei problemi reali del mondo, due uomini che contano undici titoli mondiali si sono trovati uniti dimostrando solidarietà alle persone discriminate per via delle proprie idee e orientamento sessuale.

Vettel ha poi fatto di più, arrivando sullo schieramento di partenza, in occasione dell'inno nazionale, con una T-shirt arcobaleno con la scritta Same Love. Lance Stroll, Valtteri Bottas e Carlos Sainz non hanno invece tolto le magliette We Race As One. Ebbene, il direttore di gara Michael Masi ha ritenuto che i quattro piloti sopra citati avessero contravvenuto le regole, in particolare l'articolo 12.2.1.i del Codice Sportivo internazionale della FIA. Di fatto è stata notata la mancata osservanza delle istruzioni degli ufficiali competenti per la condotta sicura e ordinata dell'evento. Sembra incredibile, ma la FIA ha scritto una regola del genere, ovvero che tutti devono indossare come si deve la tuta durante l'inno.



Convocati dalle istituzioni per il gravissimo atto di insubordinazione atto a provocare rivolte sugli spalti (stiamo scherzando) , Bottas, Stroll e Sainz si sono giustificati adducendo di essersi semplicemente dimenticati di togliersi la maglietta. Vettel invece, sorpreso per la tirata d'orecchi, ha dichiarato serafico: "Mi squalifichino pure, facciano di me quel che vogliono, non mi interessa". In tanti hanno visto in realtà un tentativo della FIA di far rimarcare a Vettel che così non si fa per rispetto del Paese ospitante, e che l'articolo del regolamento FIA sia stato soltanto un pretesto. Il bello è che Vettel è poi stato squalificato per davvero per la mancanza della benzina necessaria nel serbatoio, ma Aston Martin, come abbiamo riportato nel precedente articolo, ha presentato appello certa di essere nel giusto e affermando che il carburante mancante in realtà c'è e dovrebbe essere rimasto nelle pompe.

E' apparso tutto strano considerando che Liberty Media non ha avuto dubbi nell'abbracciare la causa Black Lives Matter e nel lanciare la campagna We Race As One. Ma questi sono gli americani proprietari della F1, la FIA invece rimane ingessata con le sue strambe regole di comportamento. Aspettiamo ora di vedere cosa accadrà quando la F1 farà tappa in Arabia Saudita, terra certamente in fase di grande sviluppo economico, ma dove i diritti umani rimangono ancora ben lontani dalla normalità quotidiana che tutti conosciamo.
RS Racing