Stefano SemeraroSul podio della novantesima 24 Ore di Le Mans, l’intruso di lusso è lui, Jim Glickenhaus, cappello da urban cowboy, terzo assoluto con la sua ‘hypercar’ dietro lo strapotere tecnologico Toyota, che ha colto con una doppietta il suo quinto successo di fila a Le Mans. Era dai tempi della Ford trionfante con Jacky Ickx e Jackie Oliver alla guida - anno del signore 1969 - che un costruttore made in USA non arrivava così in alto. Ma mezzo secolo fa, dietro il sogno di vincere la gara più famosa del mondo, c’era il colosso Ford e i mitici duelli con la Ferrari immortalati anche dal cinema che portarono in America quattro titoli.
Adesso c’è solo la visione testarda e apparentemente utopica di James Glickenhaus, miliardario, filantropo, regista e produttore cinematografico, collezionista di auto da favola e costruttore in proprio. Un uomo solo contro la più grande casa automobilistica del mondo. Newyorchese, figlio di un magnate di Wall Street, ha diretto (e prodotto) action movie come «The Exterminator» e «The Protector» (con la star cinese Jackie Chan) si è innamorato delle auto da corsa spiando le vetrine di un rivenditore Ferrari.
«Entrai nella concessionaria e feci conoscenza con Mr. Chinetti», ha raccontato. «Pian piano iniziai a lavorare con lui nella sua officina di Greenwich, spesso mi mandava a prendere i pezzi di ricambio in bicicletta». Galeotta è stata la passione per le auto: belle, veloci e soprattutto con una storia dietro. Il suo garage si è riempito, fra l’altro, con la Ferrari vittoriosa a Daytona nel ’67 e l’ultima Ford, la MKIV J6, capace di conquistare Le Mans, la Baja Boot di Steve McQueen, di cui possiede anche un’altra «rossa» che l’attore aveva acquistato da Andy Wharol. «Ogni volta che facevo un film e guadagnavo dei soldi, ne investivo metà a Wall Street e metà nella mia collezione».
Nel 2004, le macchine Glickenhaus ha iniziato a costruirle e farle correre in proprio, fondando la Scuderia Cameron-Glickenahus, che porta anche il cognome di sua moglie Meg e ha sede nello stato di New York: guarda caso in una località «cinematografica» come Sleepy Hollow (vedi il film di Tim Burton con Johnny Depp). Sembrava un delirio per ricchi - quelli che potevano permettersi le sue vetture - poi sono arrivati i successi nei campionati GT e nell’endurance, e le molte collaborazioni con l’Italia.
Da Pininfarina all’Autotecnica Motori di Casalmaggiore, e per questa Le Mans con Podium Engineering, l’azienda della Val D’Aosta che ha compiuto tutti gli studi per il telaio, mentre il motore è realizzato in Francia e per la galleria del vento si è appoggiato alla Sauber. La sua Hypercar è sicuramente meno tecnologica delle due Toyota ibride che gli si sono piazzate davanti, va solo a benzina, ma utilizza carburanti in parte ricavati dagli scarti dei vitigni. E per Jim e il suo sogno, questa è stata decisamente un’ottima annata.