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4 Ago [15:49]

La F1 Academy obbliga i team F1
a schierare ragazze "usa e getta"

Luca Basso

La scorsa settimana, esattamente il 26 luglio, la F1 Academy ha annunciato che tutti e dieci i costruttori attualmente impegnati in Formula 1 avranno nel campionato una propria rappresentante a partire dalla prossima stagione. Una scelta voluta per aumentare ancor di più la visibilità e l’interesse della serie rivolta esclusivamente alle giovani ragazze, oltre a dare maggiore slancio alla loro carriera: almeno questo è l’intento semi-dichiarato da Stefano Domenicali, presidente e CEO della Formula 1, e da Susie Wolff, Managing Director della F1 Academy.

Ma siamo sicuri che questa sia la strada giusta per promuovere le quote rosa nel mondo dell’automobilismo sportivo? Parliamoci chiaro: il motorsport è sempre stato un ambiente in larga parte maschilista, tuttavia ciò non toglie che bisogna riservare in futuro – già a partire da ora – sempre più spazio alle donne. Bisogna, comunque, essere consci del fatto che, per scalare i gradini della cosiddetta “piramide” delle formule addestrative, serve una dote di sponsor importante, oltre ovviamente a tanta dose di talento. Sostenere le ragazze – attraverso, ad esempio, la FIA Women in Motorsport – è più che corretto, ma metterle in una serie a gareggiare tra di loro proprio no.

Tralasciando l’assenza di qualsivoglia diretta televisiva (da quando in qua nel 2023?), la F1 Academy è una categoria fine a sé stessa. Nessuno mette in dubbio la possibilità concreta delle quindici partecipanti di affinare le proprie abilità alla guida, ma mancano diversi fattori per valutare il reale potenziale delle pilote, al contrario di quanto potrebbe succedere in campionati di Formula 4 dello stesso grado dove, invece, il livello della competizione è più alto e non ci sono limitazioni di sorta su chi può correre o meno.

La W Series, la capostipite della F1 Academy, ha provato a suo modo di incarnare la filosofia di allevare nuovi talenti femminili: Tatuus–Alfa Romeo F3 T-318 (da Formula Regional) uguali per tutte e gestite da un unico team, iscrizione gratuita a patto di passare una serie di valutazioni fisiche-mentali e test precedenti, montepremi da mezzo milione di dollari per la vincitrice.

In tre anni di attività (escludendo il 2020 per la pandemia di COVID-19), in W Series ha sempre trionfato Jamie Chadwick, incapace di fare ulteriori passi in avanti. Nel 2020, nonostante la l’oggettiva superiorità di Prema, è stata battuta da quasi tutti i piloti full-time (e non) del Formula Regional European Championship (la serie all'epoca contava pochissimi iscritti e non aveva niente da spartire con l'attuale Regional by Alpine), mentre oggi corre con risultati poco incoraggianti nella Indy NXT. Certo, è stata legata a due anni con Williams, ma solamente grazie alle finanze guadagnate con i suoi successi.

Oltre alla Chadwick, non è andata meglio al resto delle ragazze: tante si sono buttate nell’endurance (ma in categorie marginali), mentre altre sono finite nella F1 Academy. Come l’attuale leader Marta García (tre anni in W Series), Nerea Martí (due) e Abbi Pulling (due) per citarne alcune. Dunque sarebbe questo il progresso positivo del movimento femminile? Chi ha tentato, pur coraggiosamente, la via del Formula Regional European Championship by Alpine come Belen Garcia, Hamda Al Qubaisi e Lena Buhler, ha occupato costantemente le ultime posizioni benché inserite in top team come Prema e R-Ace. Hamda e Lena le ritroviamo ora nella F1 Academy, dunque un passo indietro, dove raccolgono eccellenti risultati.

La Ferrari, più avanti su tutti in Formula 1 per quanto riguarda l’impegno femminile, si muove in tutt’altra direzione. Maya Weug, la prima uscita dal programma “FIA Girls on Track - Rising Stars”, ha affrontato due buoni anni nella competitiva Formula 4 italiana e oggi si sta facendo le ossa nel Formula Regional European Championship e nelle ultime sei gare è andata cinque volte a punti con una squadra modesta come KIC Motorsport. Anche Aurelia Nobels, terza selezionata di “FIA Girls on Track - Rising Stars”, è stata direzionata nel campionato nostrano, invece d’impegnarla nella nuova F1 Academy.

Un altro bell’esempio è il programma delle Iron Dames di Deborah Mayer, con equipaggi completamente femminili nel WEC e nel GT World Challenge Europe. Rahel Frey, Michelle Gatting e Sarah Bovy sono cresciute sempre più nel panorama GT e la giovanissima Doriane Pin si sta mettendo notevolmente in luce. Da sottolineare che, queste quattro insieme, hanno vinto la 24 Ore di Spa del 2022 nella classe Gold (e 18esime assolute).

Per chiudere il cerchio, Sophia Flörsch è stata ben lontana dalla W Series, preferendo invece mettersi in discussione in Formula 3, nell’European Le Mans Series, nel WEC e alla 24 Ore di Le Mans. Non sarà velocissima, tuttavia è riuscita con perseveranza a raccogliere i primi punti in F3 a Spa-Francorchamps domenica scorsa, sfruttando le condizioni di meteo avverse e una strategia vincente.

Quindi, la mossa di costringere i team di Formula 1 ad avere una pilota sullo schieramento di partenza del prossimo anno non giova né ai costruttori, né alle ragazze. In questo modo si obbliga solamente a “parcheggiarle” in F1 Academy per una e più stagioni, come fossero elementi “usa e getta”. Il fallimento della W Series non sembra avere insegnato nulla. Sarebbe dunque questo il progetto di Stefano Domenicali e di Liberty Media per far crescere le ragazze?
RS Racing