20 Lug [16:12]
Le statistiche della F1 hanno valore?
Con l'aumento dei Gran Premi, non più
Massimo Costa
La Formula 1 è fatta anche di numeri, statistiche, che descrivono al meglio il palmares conseguito dai piloti. Ma oggi, anno 2023, hanno ancora senso? Certo, è sempre affascinante riportare che Max Verstappen ha superato il numero di vittorie di Ayrton Senna, che Lewis Hamilton aveva battuto il record di successi detenuto da Michael Schumacher. O che i giovani piloti che oggi partecipano al Mondiale, possono contare un numero di Gran Premi disputati elevatissimo rispetto ai loro colleghi di qualche decennio fa, nonostante questi ultimi abbiano una presenza in anni di F1 superiore.
Tutto è cambiato nelle ultime stagioni ed è normale che sia così, la Formula 1 a differenza di altri sport è un "animale" che si modifica costantemente. Regolamenti tecnici e sportivi sono spesso riscritti, ribaltati, sempre alla ricerca di creare un maggiore interesse e coinvolgimento da parte degli spettatori. Se, per esempio, il campionato di Serie A di calcio, così come quelli degli altri Paesi europei, ha in calendario un numero di partite fisse da anni e anni, la F1 è esattamente l'opposto. Nel caso del calcio, le statistiche hanno quindi una identità ben precisa che la F1 non può più offrire.
L'unica cosa concreta, a nostro avviso, rimane la citazione dei numeri di vittorie e pole conquistate dai piloti, oltre al numero dei Gran Premi disputati. Ma ogni tentativo di confronto con i colleghi di venti o trent'anni prima, non ha più alcun valore. Il fattore decisivo, che annulla ogni statistica, è il numero dei Gran Premi aumentato sempre più nel corso degli ultimi anni. Oggi, 2023, in calendario ci sono 22 gare, che poi avrebbero dovuto essere 23 senza la cancellazione di Imola. Facciamo un salto indietro e vediamo che nel 2013 i Gran Premi erano 19, nel 2003 le trasferte erano 16 come nel 1993. Dal 1973 al 1993, il numero di corse era quello, ondeggiava tra 14 e 16, prima erano ancora meno. Nel 1971 si erano disputate 11 gare, una in più nel 1972. Tra il 1960 e il 1970 la media era di una decina di corse.
Ora capirete che con le 24 gare (follia) previste per il 2024, lo scenario è completamente differente, praticamente con quel numero di Gran Premi in calendario per la prossima stagione, si disputavano due campionati negli anni Sessanta e Settanta. Di conseguenza, tutti i parametri, i confronti, non hanno ragione di essere, diventano fini a se stessi.
Jackie Stewart, tre volte campione del mondo, ha partecipato a 99 Gran Premi in nove anni di F1 ottenendo 27 vittorie e 17 pole. Numeri enormi. Verstappen, che si avvia a far suo il terzo titolo iridato, sta affrontando il nono anno di F1 come lo scozzese, ma di Gran Premi ne ha svolti a oggi 173 e a fine campionato saranno 185. Quasi il doppio di Stewart che pure è rimasto in F1 lo stesso numero di anni di Verstappen il quale vanta 47 vittorie e 27 pole. Dunque, ci si può chiedere: hanno più peso le 27 vittorie di Stewart su 99 partenze o le 47 dell'olandese della Red Bull su 173 partecipazioni. Ugual discorso per quanto riguarda le pole.
A una banale lettura della classifica riservata ai successi dei piloti in F1, Stewart può apparire meno grandioso di Verstappen, con ben 20 successi in meno. Ma la realtà, come potete valutare, non è quella che ci offre la classifica alla quale forse ne andrebbe affiancata una stilata in base alla percentuale vittorie-gare disputate, pole-qualifiche disputate. Per non parlare di coloro che si cimentano nella classifica dei punti conquistati dai piloti, niente di più senza senso con l'aumento vertiginoso dei Gran Premi.
Non ce ne vogliano coloro che svolgono il preziosissimo lavoro statistico del Mondiale F1, ma appare piuttosto evidente che davanti ai radicali cambiamenti che la F1 offre, forse anche i nostri amici dei numeri dovrebbero iniziare a pensare a qualcosa di diverso nella compilazione delle classifiche.