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23 Ott 2009 [13:53]

Todt, il presidente pacificatore

Una vittoria bulgara, 135 voti a 49, un plebiscito largamente atteso, quello che ha decretato l’elezione di Jean Todt a Presidente della FIA. L’”intruso” Vatanen è stato schiacciato e schiacciato, il mondo dell’automobile pare essere in festa per l’elezione dell’uomo dell’establishment. Del candidato di famiglia. O di regime, secondo lo sconfitto: “Nessuno vuole veramente cambiare, nell’automobilismo c’è un regime impossibile da combattere”. Todt, del resto,era appoggiato quasi da tutti: a partire dal presidente uscente Max Mosley, che aveva palesato da tempo il suo “endorsement” per il manager francese, per continuare con Luca di Montezemolo e con la FOTA tutta, che ieri si è espressa anche per bocca del suo vice-presidente John Howett.

“Congratulazioni e auguri a Todt – ha detto Montezemolo – Ho sempre apprezzato le sue capacità e il suo impegno. Sono sicuro che sotto la sua guida la federazione sarà ringiovanita e instaurerà un clima di dialogo e costruttiva cooperazione con i team e con la Fota”. Parole ribadite quasi alla lettera da Howett. Compiacimento, ma anche un avvertimento: basta liti, basta personalismi, chiudiamo l’era Mosley. La speranza di tutti è che si vada verso un governo di unità internazionale, un nuovo patto fra istituzioni e costruttori per recuperare la credibilità persa in questi ultimi due anni di risse e contrapposizioni continue.

Todt è l’uomo giusto per questo ruolo e questo compito? Il suo curriculum sicuramente è di primo piano. L’ex Napoleone di Maranello ha iniziato la sua carriera correndo (come pilota e navigatore nei rally), quindi ha continuato a sprintare da dietro la scrivania e sui tracciati, prima come dirigente Peugeot – vincendo due Mondiali Rally, due 24 Ore di Le Mans e quattro Parigi-Dakar – poi in Ferrari. Si è fatto fama di manager e direttore pignolissimo, stakanovista, discreto e quasi spietato in molti rapporti umani e di lavoro, ma anche abilissimo a coccolare i campioni e i colleghi/avversari: vedi l’amicizia di ferro con Michael Schuamcher (lo vedremo con un ruolo Fia?), e quella con Flavio Briatore (che sarà “graziato”?), l’uomo che gli presentò la sua attuale e bellissima moglie Michelle Yeoh.

Un Richelieu dei motori che a Maranello fu l’eminenza grigia del Dream Team capace di tingere di rosso sei titoli mondiali piloti e sette costruttori e far ripartire il mito della Ferrari. Un esperto in “stratègie”, con l’accento rigorosamente anticipato, che ha sempre concesso pochissimo all’apparenza e molto alla sostanza. Un francese molto machiavellico, figlio di un esule polacco, che ha sempre creduto che il fine, quasi sempre, giustifica i mezzi; un aziendalista di ferro, certo, ma non uno “yes man”, piuttosto un cervello capace di mantenere la sua forte indipendenza e personalità all’interno della politica del gruppo che rappresenta, e di condurre guerre a volte dichiarate e a volte nascoste ma sempre decise, feroci.

E vincenti. La presidenza Fia, a 63 anni, è il completamento di una carriera davvero da Grand Commis, e siamo convinti che Todt affronterà il nuovo ruolo con la consueta abilità – che qualcuno preferisce chiamare cinismo… -, ben sapendo che il suo compito è quello di unire, non di dividere, ma senza farsi manovrare troppo agevolmente dai suoi “grandi elettori” di oggi. Anche se un piccolo o grande lato debole potrebbe essere rappresentato per lui dal conflitto d’interessi che provoca il ruolo di manager di suo figlio Nicolas.

Napoleone, quello vero, fu grandissimo nelle sue battaglie ma alla fine perse la guerra e l’impero. Il Napoleone dei motori una volta salito sul trono difficilmente si farà esiliare. Se riuscirà a traghettare verso un futuro più certo e più stabile il mondo dell’automobilismo ferito dalla crisi e diviso da mille beghe interne, potrà dire di aver completato la sua rivoluzione più importante.

Stefano Semeraro
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