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18 Giu [17:59]

L’Italia s’è desta: Lamborghini e
Isotta Fraschini le migliori debuttanti

Michele Montesano

Non solo Ferrari, la 92ª edizione della 24 Ore di Le Mans ha visto al via anche altre due blasonate Case italiane. Per Lamborghini e Isotta Fraschini è stato il debutto sul circuit de la Sarthe con le loro Hypercar. Due progetti diversi, la vettura di Sant’Agata Bolognese è una LMDh mentre il prototipo del costruttore meneghino segue il regolamento LMH, ma con lo stesso obiettivo: quello di ottenere il massimo nella maratona francese.

Missione centrata da parte di Lamborghini che si era prefissata di tagliare il traguardo tra le prime dieci Hypercar. Una gara che è stata solamente la punta dell’iceberg di una settimana vissuta intensamente. Infatti Lamborghini e Iron Lynx, la squadra che fa correre le LMDh e le GT3 nel FIA WEC e in IMSA, si è presentata al via con due telai nuovi di zecca. Per la SC63 LMDh numero 19 di Andrea Caldarelli, Matteo Cairoli e Romain Grosjean si è optato immediatamente per l’utilizzo di una nuova unità, poiché il prossimo fine settimana ci sarà la 6 Ore del Watkins Glen valida per l’IMSA.

Per quanto riguarda la vettura di Mirko Bortolotti, Edoardo Mortara e Daniil Kvyat la sostituzione del telaio si è resa necessaria al seguito di vibrazioni anomale riscontrate nel test day di domenica. I meccanici hanno quindi fatto una vera corsa contro il tempo per preparare la SC63 in vista della prima sessione di prove libere. Per la prima volta con due LMDh contemporaneamente in pista, ricordiamo che Lamborghini quest’anno schiera una vettura nel WEC e una in IMSA, si è quindi cercato di diversificare il lavoro per poi convergere deliberando l’assetto definitivo in vista della gara.



Dopo aver conquistato il settimo posto al debutto assoluto nella massacrante 12 Ore di Sebring, l’obiettivo prioritario era quello di arrivare in fondo anche nella 24 ore di Le Mans. Oltre l’affidabilità, fin dal via entrambe le SC63 LMDh hanno messo in mostra un buon passo gara iniziando una bella rimonta istallandosi a ridosso della top 10. Le Lamborghini si sono rivelate decisamente competitive con le mescole medie riuscendo a completare diversi stint consecutivi.

Anche con l’arrivo del primo scroscio di pioggia, il muretto box dell’Iron Lynx ha preferito proseguire con le slick. Scelta che si è rivelata vincente vista la poca entità della precipitazione. A permettere tutto questo è stata anche l’esperienza dei piloti nel saper affrontare le mutevoli condizioni della pista. Entrambi gli equipaggi, a differenza dei diretti rivali di BMW e Peugeot, hanno commesso solamente due piccole sbavature nell’arco delle 24 ore, con Cairoli e Kvyat autori di innocui fuoripista a gomme fredde.



Fuori gioco entrambe le Alpine A424 LMDh per problemi meccanici, Lamborghini si è avvicinata ulteriormente alla zona punti. Dal tramonto la pioggia è diventata sempre più insistente, tanto da costringere la direzione gara a una lunga neutralizzazione che ha, di fatto, interrotto l’azione in pista fino al mattino. È stata proprio in questa fase che gli uomini di Lamborghini e Iron Lynx hanno intuito l’opportunità di poter battere entrambe le Peugeot.

Sfruttando una vettura più bilanciata e meno aggressiva sugli pneumatici, il terzetto Bortolotti-Kvyat-Mortara ha effettuato solamente 25 soste sorpassando le Peugeot, che si sono fermate rispettivamente 31 e 29 volte, tagliando il traguardo in decima posizione. Non solo, la regolarità e la velocità ha permesso alla Lamborghini numero 63 di poter completare 309 giri, solamente due in meno rispetto la Ferrari dei vincitori Fuoco-Molina-Nielsen. La conferma è arrivata anche dall’equipaggio Caldarelli-Cairoli-Grosjean che ha chiuso al tredicesimo posto a parità di tornate percorse. Appurata l’affidabilità, ora in Lamborghini possono iniziare a lavorare sulla prestazione della SC63 LMDh.



Menzione d’onore per Isotta Fraschini. Il quattordicesimo posto finale per la Casa della Dea alata vale quasi quanto una vittoria. La Tipo 6 LMH realizzata dalla Michelotto Engineering finora non aveva mai effettuato più di dieci ore consecutive di test. Inoltre anche la vigilia della 24 Ore di Le Mans è stata piuttosto tribolata. Innanzitutto martedì i meccanici della Duqueine, scuderia che fa correre il prototipo meneghino, hanno montato un motore nuovo, poi il venerdì sono stati cambiati i freni appositamente per la gara.

Il risultato finale è da lasciare sbalorditi perché la vettura si è rivelata affidabile tanto da chiudere la gara con appena nove giri di scarto dalla Ferrari dei vincitori. A pesare sul bilancio è stato un drive through, per eccesso di velocità in regime di Full Course Yellow, e una riparazione per colpa di un contatto con un’altra vettura. Mentre il brivido è arrivato allo scoccare di mezzogiorno quando, al termine di un rifornimento, la Tipo 6 LMH non è ripartita al primo colpo. Portata ai box si è capito che la mancata accelerazione era dovuta alla presenza di aria nei condotti del carburante.



Rispedita in pista, è toccato a Jean-Karl Vernay l’onore di tagliare il tanto agognato traguardo. Il francese ha rivestito, ancora una volta, i panni del caposquadra e dello stacanovista guidando per oltre nove ore. Ma anche i due giovani compagni di squadra si sono rivelati all’altezza della situazione. Pur non avendo mai corso a Le Mans e tantomeno una 24 ore, Antonio Serravalle e Carl Wattana Bennet hanno messo in mostra una grande maturità e spirito di squadra girando su tempi non distanti da Vernay.

Anche la Tipo 6 LMH ha fatto enormi progressi. La vettura italiana, complice l’assetto più scarico, è stata costantemente tra le più veloci sul rettilineo dell’Hunaudières. Tuttavia ha pagato dazio nell’ultimo settore, quello più guidato, chiudendo il giro con un distacco di circa tre secondi sulle Hypercar più rapide. Ciò non deve scoraggiare, perché la base del prototipo realizzato dalla Michelotto Engineering è più che valida. Il prossimo gradino da compiere sarà quello di sviluppare la Tipo 6 LMH, magari sfruttando un gettone di sviluppo, per ridurre ulteriormente il distacco dalla concorrenza.