4 Ott 2007 [0:55]
La F.1 nella Cina senza libertà
Ma ai piloti non importa nulla
Il mondiale fa tappa in Cina per la quarta volta. E per la quarta volta tutti faranno finta di niente. Piloti e team manager magnificheranno la perfetta organizzazione del circuito di Shanghai, stringeranno mani a politici di cui non sanno il nome e il curriculum, poi penseranno soltanto alla corsa, alla qualifica, a come ottenere il giusto camber e set-up. Di quello che accade fuori dal cancello dell'autodromo non potrà fregare di meno. Che la Cina sia un paese in cui la libertà di stampa è utopia nonostante le dichiarazioni ottimistiche del governo, che vi siano intellettuali e giornalisti rinchiusi in carcere per avere semplicemente espresso le loro idee, che internet sia controllato in maniera spasmodica e ossessiva, che il lavoro sia sottopagato e gran parte della popolazione viva in condizioni critiche, non interessa. Non indigna che in Cina la pena di morte venga inflitta con processi sommari (nei quali l'accusato spesso non gode della presenza di un proprio avvocato) non solo a chi si rende protagonista di omicidi, ma anche a semplici ladri.
Loro, quelli della F.1, pensano che la Cina sia un Paese perfetto, in crescita economica. Come lo è, del resto. Ma della mancanza di libertà dei cittadini nulla sanno. Escono dal paddock vergognosamente multimiliardario, si infilano nella hall di hotel a cinque stelle, e buonanotte. Che gliene importa a questi ragazzi che tanto ci fan sognare e venire i brividi quando guidano le loro monoposto, della situazione dei cinesi? Il devastante qualunquismo dei piloti F.1 lo ha anche riportato Autosprint qualche settimana fa quando un giornalista ha chiesto a Nico Rosberg, tanto per vedere che effetto faceva, un commento sulla guerra in Iraq. Il giovane e affascinante tedesco ha risposto che non era lì per rispondere a questo tipo di domande. E gli altri piloti si sono ben guardati dal cercare di offrire un qualche replica. Deprimente.
Molto triste se confrontato con quanto sta accadendo con ragazzi della loro stessa età, ma che praticano altri sport. Più umili, che richedono molta molta più fatica e un incasso in dollari molto molto inferiore. Mi riferisco agli atleti che parteciperanno alle prossime Olimpiadi che si terranno proprio in Cina nel 2008. Tantissimi sportivi delle più svariate nazioni, anche italiani, stanno iniziando a chiedersi se valga la pena volare in quel Paese dove la dignità dell'uomo è spesso offesa, intimidita, repressa. Se è necessario contribuire alla falsa immagine che i politici cinesi, in vista delle Olimpiadi, stanno cercando di offrire al resto del mondo. E già atleti di alcune discipline parlano di boicottaggio.
Anche se poi non accadrà, è comunque importante che questi ragazzi di sport, la maggior parte sconosciuti al grande pubblico, dimostrino di avere una coscienza, un interesse verso la popolazione di Paesi lontani. Ma vi immaginate Kimi Raikkonen che parla della mancanza di libertà di espressione della stampa cinese? O Giancarlo Fisichella che si interroga sul perché vi siano intellettuali di spicco in carcere? O Jenson Button che si preoccupa del lavoro nero che poi finisce per travolgere anche l'Europa quando siamo sommersi da prodotti nocivi (vedi i giochi della Mattel e chissà quant'altro)? O Ron Dennis e Jean Todt che quando escono dai loro milionari e inutili hospitality si guardano in faccia pensando che in quel momento un povero disgraziato viene impiccato perché ha rubato un anello da un gioielliere. Senza avere ricevuto un regolare processo? No, non accadrà, anzi, quei politici (molti corrotti), molti firmatari della condanna a morte di tante persone, magari saranno ospiti riveriti nelle loro hospitality.
Cosa dovrebbero fare i piloti presenti a Shanghai, si chiederà qualcuno. Basterebbe che uno soltanto, in rappresentanza di tutti, nella conferenza stampa del giovedì facesse presente più o meno che: "Ok, siamo qui per correre, per fare il nostro lavoro, ma vogliamo ricordare al mondo che in questo Paese non si vive bene". Oppure, una frase così la potrebbe esprimere il vincitore del GP. Sarebbe ancora meglio. Aiuterebbe moltissimo chi lavora per aiutare gli oppressi in Cina. Gli atleti delle Olimpiadi lo hanno già fatto. I piloti di F.1 mai in tre anni. La speranza è che qualcosa cambi questo fine settimana.
Massimo Costa