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21 Apr [0:55]

Long Beach, gara: Will Power facile, Montagny è secondo

Facile vittoria di Will Power a Long Beach nella gara di addio della Champ Car, ma valevole per la classifica del campionato Indycar. Tutti al volante delle Panoz-Ford, che poi finiranno per essere coperte dalla ragnatele, la gara ha avuto in Power un dominatore assoluto. Dalla seconda fila, al via si è portato in prima posizione già alla prima curva. Justin Wilson, il poleman, ha tentato di replicare ma al 12° giro ha dovuto abdicare per problemi al motore.

E' stato allora Alex Tagliani, secondo in qualifica, a tentare di tenere il passo di Power. Ma senza successo. Il canadese, nella seconda parte di gara ha poi vistosamente rallentato per problemi tecnici. Tagliani è sceso fino al settimo posto finale. Secondo ha allora concluso Franck Montagny, alla prima uscita americana. Il francese ha messo in mostra le proprie doti salendo subito sul podio e concludendo a 5" da Power. Terzo, ma a 10" da Montagny, il messicano Mario Dominguez, poi ancora più staccato, Enrique Bernoldi.

Ottima la gara di Oriol Seriva, quinto dopo essere rimasto fermo al momento della partenza. Una foratura ha rovinato la corsa di Paul Tracy. Qualche errore di troppo per Graham Rahal. Il vincitore della gara Indycar di ST.Petersburg, prima è finito in testacoda mentre lottava con Montagny per il terzo posto, poi ha sbattuto all'ultimo giro.

L'ordine di arrivo, domenica 20 aprile 2008

1 - Will Power - KV - 83 giri
2 - Franck Montagny - Forsythe - 5"094
3 - Mario Dominguez - Pacific Coast - 15"516
4 - Enrique Bernoldi - Conquest - 25"677
5 - Oriol Servia - KV - 26"276
6 - Franck Perera - Conquest - 28"067
7 - Alex Tagliani - Walker - 36"518
8 - David Martinez - Forsythe - 37"127
9 - Ernesto Viso - HVM - 44"944
10 - Jimmy Vasser - KV - 48"635
11 - Paul Tracy - Forsythe - 55"956
12 - Bruno Junqueira - Coyne - 1'07"533
13 - Graham Rahal - Newman/Haas - 1 giro
14 - Alex Figge - Pacific Coast - 1 giro
15 - Nelson Philippe - Minardi HVM - 3 giri
16 - Antonio Pizzonia - Rocketsports - 3 giri

Ritirati
5° giro - Mario Moraes
12° giro - Justin Wilson
42° giro - Juho Annala
63° giro - Roberto Moreno

Per tutti i servizi relativi al weekend di Long Beach, Italiaracing ringrazia Autosport.com

20 Apr [1:20]

Long Beach, qualifica 2: Justin Wilson non regala la pole

E' Justin Wilson l'autore dell'ultima pole della storia della Champ Car. Il pilota inglese del team Newman/Haas ha lasciato il segno a Long Beach facendo meglio di sei decimi della pole di Sebastien Bourdais del 2007, in 1'06"902. Wilson ha superato nelle battute finali della qualifica Alex Tagliani, al primo posto per lungo tempo. Il canadese del team Walker, che non ha trovato un sedile in monoposto per il resto della stagione, partirà dalla prima fila.

Seconda fila per l'eccellente Franck Perera. Risolti i problemi idraulici che lo avevano rallentato venerdì, Perera ha strappato il terzo tempo assoluto con la Panoz del team Conquest. Ultimamente circolava la voce di un possibile ritorno in Europa del pilota francese. Quarta prestazione per Will Power. Terza fila tutta per Forsythe con Paul Tracy che alla fine ha fatto meglio del rookie Franck Montagny. E' settimo Nelson Philippe, che ieri non aveva girato nella prima qualifica per problemi al cambio. Solo dodicesimo Oriol Servia, che non ha potuto migliorarsi rispetto a ieri per un problema tecnico sulla sua vettura.

Lo schieramento di partenza

1. fila
Justin Wilson - Newman/Haas - 1'06"902
Alex Tagliani - Walker - 1'07"084
2. fila
Franck Perera - Conquest - 1'07"180
Will Power - KV - 1'07"205
3. fila
Paul Tracy - Forsythe - 1'07"352
Franck Montagny - Forsythe - 1'07"360
4. fila
Nelson Philippe - Minardi HVM - 1'07"415
Enrique Bernoldi - Conquest - 1'07"682
5. fila
Graham Rahal - Newman/Haas - 1'07"703
Mario Dominguez - Pacific Coast - 1'07"745
6. fila
Bruno Junqueira - Coyne - 1'07"786
Oriol Servia - KV - 1'07"858
7. fila
Jimmy Vasser - KV - 1'07"859
Ernesto Viso - HVM - 1'07"927
8. fila
Antonio Pizzonia - Rocketsports - 1'08"463
Alex Figge - Pacific Coast - 1'08"489
9. fila
Roberto Moreno - Minardi HVM - 1'08"549
David Martinez - Forsythe - 1'08"645
10. fila
Mario Moraes - Coyne - 1'09"279
Juho Annala - Rocketsports - 1'09"555

19 Apr [12:14]

Long Beach, qualifica 1: Wilson guida il gruppo dei 20

Sono venti i partecipanti alla gara di Long Beach, che assegnerà punti per la Indycar, la quale chiuderà definitivamente il sipario sulla storia della Champ Car. In pista, con le Panoz, si sono riviste quelle squadre che non riuscendo a fare il salto in Indycar sono praticamente ferme: Rocketsports, Walker, Pacific Coast, Forsythe. Dopo la sessione di prove libere che ha visto emergere Justin Wilson e Will Power, la prima qualifica ha confermato l'inglese del team Newman/Haas al comando con il tempo di 1'07"356.

Secondo crono per lo spagnolo Oriol Servia con la monoposto del KV Racing. Terzo ha chiuso Alex Tagliani del team Walker. Il canadese, aveva tenuto la testa della qualifica nella prima parte, ma poi è stato superato da Wilson e Servia. Ottimo quarto Mario Dominguez, del Pacific Coast, che ha preceduto il vincitore di St.Petersburg, Graham Rahal. Debutto per Franck Montagny, settimo con la Panoz di Forsythe e subito davanti a Paul Tracy. Dopo due anni di assenza è tornato in gara Jimmy Vasser, con la Panoz del team KV di cui è azionista. Incidente per Antonio Pizzonia, fermo col cambio KO Nelson Philippe.

I tempi della 1. qualifica, venerdì 18 aprile 2008

1 - Justin Wilson - Newman/Haas - 1'07"356
2 - Oriol Servia - KV - 1'07"858
3 - Alex Tagliani - Walker - 1'07"887
4 - Mario Dominguez - Pacific Coast - 1'07"998
5 - Graham Rahal - Newman/Haas - 1'08"172
6 - Enrique Bernoldi - Conquest - 1'08"272
7 - Franck Montagny - Forsythe - 1'08"325
8 - Paul Tracy - Forsythe - 1'08"488
9 - Will Power - KV - 1'08"519
10 - Ernesto Viso - HVM - 1'08"532
11 - Roberto Moreno - Minardi HVM - 1'08"549
12 - Alex Figge - Pacific Coast - 1'08"549
13 - Antonio Pizzonia - Rocketsports - 1'08"658
14 - Bruno Junqueira - Coyne - 1'08"813
15 - Jimmy Vasser - KV - 1'09"066
16 - Franck Perera - Conquest - 1'09"153
17 - David Martinez - Forsythe - 1'09"381
18 - Mario Moraes - Coyne - 1'09"438
19 - Juho Annala - Rocketsports - 1'11"265
20 - Nelson Philippe - Minardi HVM - no time

13 Feb [13:43]

Il fallimento della Champ Car
Tanta immagine, poca sostanza

Si appresta a giungere al termine l'avventura della Champ Car, da intendersi come ente che aveva rilevato la defunta CART dalla bancarotta del 2004. Ente che, lungi dal mettere in atto un rinnovamento strutturale, ha cercato di costruire una crescita più basata su una comunicazione fatta in grande che sull'automobilismo in senso stretto. Anni luce distante dalla storia CART, la neonata serie era sembrata in difficoltà sin da subito, con molte vetture gestite dai titolari della serie, vittorie a ripetizione di uno dei pochi team "indipendenti", il Newman-Haas Racing con Sebastien Bourdais, e il mantenimento di un regolamento motoristico tra i più datati al mondo.

Purtroppo il successo annunciato per la stagione 2007, si era rivelato un disastro, pur propinato ai media come un rinnovamento. Cambiamenti di piloti, gare annullate, altre di buon successo ma tanto onerose da organizzare e gestire da aggravare la crisi. In più, una nuova vettura che ha regalato, come principale highlight, uno score di infortuni da record.

Dall'altra parte, una IndyCar Series che ha speso gli ultimi 2 anni a consolidare le proprie posizioni, senza risultati impressionanti, ma con una serie di passi avanti importanti realizzati di volta in volta. La riduzione dei costi in primis, punto nevralgico delle corse in un continente che vede la peggior crisi della propria storia nel settore automobilistico. Motori Honda indistruttibili, con un occhio all’ambiente, sempre più una priorità: alimentati a bioetanolo ed evoluti nell’ottica di un’intelligente riduzione dei rumori. In più un telaio Dallara che si avvia (quasi invariato) verso gli ultimi due anni di vita come uno dei migliori nella storia recente dell'automobilismo per successo e sicurezza.

Tutto rose e fiori? No, nella maniera più assoluta. Se uno spiraglio si era aperto nelle precarie condizioni economiche mondiali, sembra pronto a richiudersi a seguito delle recenti spinte recessive e della continua crisi di Chrysler, Ford, e General Motors (che ha offerto buonuscita alla quasi totalità dei propri dipendenti dopo aver incassato la peggior perdita di sempre). Basti pensare alla bancarotta nell'ultimo decennio di nomi come Worldcom, KMart, Conseco, da sempre grandi sponsor e alla tendenza degli altri a puntare verso la NASCAR come "investimento sicuro". La categoria della famiglia France è a sua volta alle prese con una situazione non facile, ma grazie ad un "bonus" passato notevole, e ad una base sportiva, quella stock-car, veramente sterminata, ha discrete possibilità di passare indenne o quasi.

Altro nodo per la IndyCar sono proprio i rapporti difficili con ISC (compagnia di proprietà della famiglia France), che detiene i migliori ovali degli USA. Pur sostituiti via via, nei calendari IRL, da promotori "ribelli" come quelli di Kentucky, Milwaukee e, recentemente, Iowa. Anche ammettendo di poter fare un calendario senza dipendenze, una connessione di qualche tipo con la NASCAR sarà sempre necessaria, vista l'impressionante capacità dell'organizzazione di segnare il tutto-esaurito anche con le categorie subalterne come Nationwide e Truck, e la crescita del business endurance (la famiglia France è titolare anche della Grand Am). E se il massimo della collaborazione sono stati i test a Daytona... c'è da lavorare.

Sicuramente l'acquisizione degli asset ChampCar nella IndyCar Series è un passo importante. Tranne che nei tempi d'oro della CART anni '90 (in cui però la Zanardi-mania nascondeva i disastri, come quelli degli ovali europei), l'automobilismo USA a ruote coperte è sempre stato e sarà, per una buona percentuale, Indy. Indianapolis, come disse Eddie Cheever raccontato da Jack Arute, non è un circuito, e la Indy 500 non è una gara. E' un organismo che vive e respira, che ti può salvare ma che va preservato. Perché senza Indy, le ruote scoperte USA non solo rischiano di non esistere, ma cosa molto peggiore, rischiano di diventare indifferenti.

Marco Cortesi

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