Mattia TremoladaLa farsa di Spa-Francorchamps aveva già minato la credibilità di Michael Masi. Chiamato a rivestire il ruolo del direttore di gara dopo la prematura scomparsa di Charlie Whiting, il 42enne australiano si è ritrovato da un giorno all’altro catapultato in una posizione di grande responsabilità, sempre al centro dell'attenzione e spesso sotto accusa. Un mestiere che stiamo imparando a conoscere anche grazie all’apertura dei canali radio tra i team e la FIA al grande pubblico, avvenuta solo in questa stagione.
Comunicazioni radio scottanti, in cui i vari rappresentanti delle squadre attaccano spesso il direttore di gara, sottolineando scorrettezze altrui piuttosto che giustificando le infrazioni dei propri piloti. Un terreno minato in cui muoversi, gestendo un precario equilibrio non solo sportivo, ma anche politico, e il tutto durante il pieno svolgimento della gara.
Insomma, un lavoro decisamente complicato e costantemente sotto la lente di ingrandimento di tutti. Oltre a team manager e addetti ai lavori, anche i piloti spesso si espongono a caldo sulle questioni che riguardano la direzione della gara e con l'adrenalina in corpo non di rado ci vanno giù pesanti. Sempre a Spa l’esempio più eclatante è stato l’intervento radio di Sebastian Vettel dopo l’incidente di Lando Norris in qualifica, con una critica molto dura che ha poi probabilmente condizionato la linea di condotta di Masi il giorno seguente.
Il direttore di gara ha poi avuto un bel da fare durante il caotico Gran Premio di Jeddah, con una serie di eventi che si sono susseguiti in grande rapidità, portando Masi a commettere diversi errori e prendere decisioni contestabili. Regimi di virtual safety car che durano 10 secondi o 10 minuti, la decisione sulla ripartenza, da fermi o lanciata, che arriva solamente nel corso del giro di uscita dietro la safety car.
Due bandiere rosse (come accaduto in Formula 2, dove la Feature Race è stata una non-gara) di cui una inspiegabile che ha rischiato di decidere a tavolino le sorti del mondiale e infrazioni nemmeno notate, come la prova di partenza di Verstappen in pit lane o Hamilton che accompagna l’olandese fuori pista in curva 27. Per non parlare del fatto che dopo aver tagliato curva 1 Verstappen ha ceduto la posizione a Hamilton, impresa riuscita solamente al terzo tentativo dopo il contatto e il contro-sorpasso illegale, ma solo per poi essere penalizzato di 5” per la stessa infrazione.
L’episodio che ha però segnato la condotta di Masi, è stato il tentativo di contrattazione con la Red Bull riguardo alla penalità in arrivo a Max Verstappen, reo di aver tagliato la chicane alla seconda partenza. “Vi darò l'opportunità di partire dalla seconda posizione per il rientro in pista di Max in curva 1-2 - ha detto Masi. La replica di Christian Horner non si è fatta attendere - accettiamo la P2 con Ocon in pole”. “No, scusate è un mio errore, devo riportarvi dietro a Lewis”, ha continuato Masi, cercando di mettere le cose in chiaro e aggiungendo: “Questa è la mia offerta, avete il mio suggerimento, se non accettate avrete la penalità”.
Uno scambio di battute che ha lasciato tutti interdetti, tanto da portare lo stesso Masi a giustificarsi al termine della corsa, in cui ha scelto di non tenere la consueta conferenza stampa con i giornalisti, sempre più visti come intrusi da tenere alla larga, concedendosi invece solamente ad un’amichevole intervista con gli uomini della comunicazione della FIA: "Non chiamerei quanto accaduto 'un accordo', dal punto di vista del direttore di gara non ho l'autorità di istruire effettivamente i team a fare qualcosa - ha dichiarato Masi - in quella situazione potevo solo fare un'offerta, la possibilità di farlo, ma era una scelta loro: i commissari hanno ovviamente il potere di imporre sanzioni, ma io posso dare loro la mia prospettiva ed è per questo che ho offerto loro la possibilità di rinunciare a quella posizione".