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13 Dic [16:06]

Hamilton manca l'ottovolante,
ma la sua grandezza resta immutata

Jacopo Rubino - XPB Images

Lewis Hamilton ci stava riuscendo. Poteva essere otto volte campione del mondo, poteva stabilire il nuovo record di titoli in Formula 1, superando in modo definitivo Michael Schumacher. Avrebbe riscritto ancora la storia, ma lo ha fatto comunque: insieme a Max Verstappen ha dato vita a una delle stagioni più leggendarie di sempre. Nel finale thriller e un po' assurdo di Abu Dhabi il britannico si è visto superare all’ultimo giro, e ha tagliato il traguardo staccato di 2"256. Un gap in cui è contenuto un intero anno, una lotta epica, un fiume di emozioni e di sorprese. Fino all'incidente di Nicholas Latifi, che in pratica ha fatto sfuggire il Mondiale dalle mani del pilota Mercedes.

Verstappen ha meritato l’iride come lo avrebbe meritato Lewis, magari per ragioni diverse. E se è doveroso celebrare l'olandese, ora che entra nell'albo d'oro, è giusto rendere l'onore delle armi a chi è stato costretto a cedere lo scettro. Definirlo “perdente” sarebbe ingiusto. A 36 anni, età in cui molti colleghi meditano di appendere il casco al chiodo, The Hammer non ha mostrato alcun segno di appagamento. Mai domo, ha tenuto alta la motivazione della sua squadra che in inverno aveva sofferto il cambio di regole tecniche, mentre la Red Bull si è fatta trovare pronta, determinata, cattiva, finalmente con una macchina in grado di supportare le ambizioni del suo pupillo.



Durante la stagione Verstappen e il team anglo-austriaco hanno giocato in più momenti il ruolo dei favoriti, persino dei fuggitivi. Credevamo che la netta affermazione in Messico fosse la svolta chiave in favore dell’armata anglo-austriaca, ma pochi giorni dopo il vento era cambiato: la Mercedes è cresciuta ed ecco il magico weekend in Brasile di Hamilton, più forte di qualsiasi ostacolo, capace di ripetersi in Qatar e soprattutto in Arabia Saudita, al termine di un duello senza quartiere, per l’aggancio in vetta alla classifica proprio alla vigilia dell’ultimo round. Roba da film, e non era mica finita.

Quando su Yas Marina calava il sole, si stava consumando il ribaltone con Hamilton a prendersi la prima posizione neutralizzando la pole di Verstappen, che non aveva lo stesso ritmo. Sembrava vana la mega marcatura a uomo dello scudiero Sergio Perez, tenuto fuori appositamente per fare muro, o la mossa di un secondo cambio gomme. VSC e safety-car per il crash di Latifi hanno però messo Hamilton in balia degli eventi: non aveva margine per una sosta extra, che invece si è potuta permettere la Red Bull con Verstappen. Hamilton sotto il casco scuoteva la testa: aveva capito che in caso di restart, a distacchi azzerati, il suo destino era segnato, poi ha fatto il possibile contro un avversario che montava pneumatici soft nuovi contro i suoi, a mescola media, quasi alla frutta.

Se nel 2008 Lewis festeggiò il primo iride con un rocambolesco ultimo giro a Interlagos, ai danni di Felipe Massa, tredici anni più tardi la sorte ha bilanciato le cose. Diciamo così. Non entriamo in queste righe in giudizi sulla (discutibile) direzione gara, semmai sottolineiamo la sportività di Lewis che, tagliato il traguardo fresco di beffa, dopo essersi preso qualche minuto per se stesso, per calmarsi, è andato a cercare il rivale per un gesto di complimenti. Poi è stato di pochissime parole, comprensibile, ma ha accettato la sconfitta molto più del suo team principal Toto Wolff, che un ottavo titolo avrebbe sì da goderselo, quello fra i Costruttori.



Il dualismo con Verstappen probabilmente ha messo alla prova Hamilton ancor più di quanto, per tre anni, fosse accaduto con Nico Rosberg, riuscito a sconfiggerlo nel 2016 ma esaurendo ogni energia. Il tedesco era il suo compagno di box, il materiale tecnico lo stesso, e la Mercedes, con il boss Wolff e il saggio Niki Lauda, poteva "vegliare" e calmare gli animi, anche se i contatti (troppo) ravvicinati non mancarono. Nel 2021 è stato tutto diverso: Lewis e Max erano le “punte” di una rivalità che è stata fra due fazioni, a livello sportivo, tecnico, politico, mediatico e psicologico. A confronto, la sfida contro la Ferrari guidata da Sebastian Vettel nel 2017 e 2018 appare una passeggiata. Questa è stata una guerra condotta con ogni arma, sfociata quasi nell'odio sportivo, in cui Hamilton ha comunque ribadito la capacità straordinaria di venire sempre fuori nelle fasi cruciali, concedendo pochissimo. Nel 2021 ha steccato davvero solo a Montecarlo, viaggiando sottotono, e nella ripartenza-lotteria di Baku.



L'errore più grave dell'anno, forse, Hamilton lo ha commesso uscendo di pista a Imola: la ferrea volontà di togliersi dalla ghiaia, seppur in maniera controversa, a posteriori resta in ogni caso la riprova di un atleta mai sazio, che non lascia nessuna briciola sul tavolo, nemmeno alla seconda tappa di un calendario infinito. Con il senno di poi, quella mossa è stata infatti cruciale in ottica di punteggi. Vero che venne in aiuto la buona sorte, con la bandiera rossa causata dal crash Bottas-Russell, compagno e futuro compagno di colori, che gli permise di rientrare in gioco. Vero che ad Hamilton la fortuna ha spesso sorriso, nella sua lunga avventura in F1, ma in fondo il proverbio parla chiaro: la fortuna aiuta gli audaci. Ad Abu Dhabi magari un po’ meno, ma questo è il bello e il brutto del motorsport.

Il valore di un risultato è dato anche dalla forza degli avversari, e questo Hamilton nobilita il titolo di Verstappen. Saranno da libro della F1 le ruotate al limite che li hanno visti protagonisti, culminate nello scontro di Silverstone, poi in quello di Monza, e in quello di Jeddah. Episodi che non sarebbe eretico accostare a quelli dell'epopea Senna-Prost, per intensità, per pathos, pur evitando paragoni filosofici su chi assomiglia a chi: sappiamo quanto la figura di Ayrton sia stata significativa per Hamilton, ma di certo il Verstappen di oggi non ci ricorda il Prost etichettato come calcolatore. Semplicemente, Hamilton è Hamilton, Verstappen è Verstappen.

E adesso? Hamilton ha altri due anni di contratto con la Mercedes, visto il rinnovo firmato in estate, proprio quando la Red Bull sembrava avere maggiormente in mano il pallino del campionato. Un segno di fiducia reciproca, specialmente ricordando che nel 2022 ci aspetta una rivoluzione aerodinamica che, combinata al budget cap, potrebbe rimescolare gli equilibri di questa Formula 1. Ce lo auguriamo per avere ancora più pretendenti al trono, ma su una cosa vogliamo scommettere: Lewis Hamilton non si presenterà impreparato. L'ottavo iride potrebbe essere solo posticipato, e poi con Verstappen c'è in ballo la rivincita.
RS Racing